Se ci è impossibile stabilire le basi logico-scientifiche per cui ci si sente investiti dalla Fede in una qualsiavoglia forma divina, non dovremmo allora parlare di fascinazione verso un'idea o un simbolo che convoglia in sé quanto di più alto ed encomiabile esista?
Non è possibile che l'uomo abbia prodotto un'immagine talmente persuasiva del divino, quasi ammaliante in qualche caso, da cadere nel proprio stesso tranello?
La divinità appare spesso come la sublimazione di qualsiasi virtù umana ergendo la stessa a valore assoluto, ed è buffo come, in qualche caso, queste espasperazioni sensazionalistiche dell'umano siano state rese veri e propri despoti ai danni dell'umano stesso, abbassando, quindi, ogni apparente virtù allo stato ferino primordiale e quindi annullandone l'effetto rassicurante e paterno.
Quale è, quindi, la natura delle divinità, soprattutto delle divinità monoteistiche?
Perché aggrapparsi ad un'entità inconoscibile, irrangiungibile, al cui volere è possibile solamente sottostare in uno stato di cieca fiducia e patetico[a mio parere] abbandono?
Perché non recuperare o costruire una forma di dialogo diretto con il divino, senza intercessione alcuna?
Questa è la domanda che mi assedia sin dalla giovinezza e che porto avanti con sicurezza e decisione.
Non è possibile che l'uomo abbia prodotto un'immagine talmente persuasiva del divino, quasi ammaliante in qualche caso, da cadere nel proprio stesso tranello?
La divinità appare spesso come la sublimazione di qualsiasi virtù umana ergendo la stessa a valore assoluto, ed è buffo come, in qualche caso, queste espasperazioni sensazionalistiche dell'umano siano state rese veri e propri despoti ai danni dell'umano stesso, abbassando, quindi, ogni apparente virtù allo stato ferino primordiale e quindi annullandone l'effetto rassicurante e paterno.
Quale è, quindi, la natura delle divinità, soprattutto delle divinità monoteistiche?
Perché aggrapparsi ad un'entità inconoscibile, irrangiungibile, al cui volere è possibile solamente sottostare in uno stato di cieca fiducia e patetico[a mio parere] abbandono?
Perché non recuperare o costruire una forma di dialogo diretto con il divino, senza intercessione alcuna?
Questa è la domanda che mi assedia sin dalla giovinezza e che porto avanti con sicurezza e decisione.
Io esigo che le entità mi si rivelino, ma chi mi garantisce [tornando alla domanda iniziale] che non sia io stessa a far sì che determinate cose accadano semplicemente cambiando il mio atteggiamento mentale e predisponendolo alla fiducia nei confronti di ciò che non si può vedere, ma solamente percepire? E se scoprissi che il potere della mia mente sia in realtà più forte di qualsiasi divintà? Se il potere dell'umano fosse il potere di essere spirito e corpo allo stesso tempo? Se la scissione tra umano e divino esistente sin dall'inizio dei tempi sia stata soltanto frutto di un'incomprensione dell'intrinseca natura umana [incomprensione cui, per altro, certi rami della psicologia stanno tentando di far fronte attraverso il recupero degli archetipi mitologici greci per spiegare i comportamenti umani] probabilmente indotta dal timore di questa stessa e dalla necessità di veicolare il pensiero di masse più o meno vaste attraverso l'invenzione della superstizione?
Le domande in merito e le problematiche sollevate da argomenti di questo tipo sono infinite, proprio perché è inconocibile, al momento, la vera materia di cui si tratta, ma ad una cosa, forse, sono giunta:
la risposta è nell'umano.
E nel senso più divino che l'accezione di umano contempla.
Alexis
19.12.2010
2 commenti:
Chiunque tu sia, non lasciarmi solo..
LACARTADELTEMPO
Se le mie parole ti sono di ristoro, ciò non mi può far altro che piacere.
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