venerdì 24 dicembre 2010

Dies Natalis Solis Invicti

Una leggenda, una tradizione che affondano le proprie radici ben più in là di quelle tracciate dalla tradizione cristiana, cui comunque bisogna dare il merito di aver riutilizzato e, in qualche modo, mantenuto la sotterranea memoria di questa celebrazione pagana prima iranica poi romana:


Dio Mitra e sacrificio del Toro fecondatore della terra

Auguri a tutti, qualsiasi cosa decidiate di festeggiare.

martedì 21 dicembre 2010

Le Grandi Imprese

Ricerchiamo il senso dell'esistenza nelle grandi imprese, in quelle sfide che riescano a portare e tendere le corde delle nostre capacità ed emozioni fino all'estrema tensione possibile, e non ci rendiamo conto di quanto la vita, invece, sia composta da attimi, innumerevoli attimi entro i quali avvengono e si sviluppano i più disparati accadimenti.
Spesso non ci si accorge dello straordinario che ci circonda giornalmente, tanto si è piegati alla e dalla quotidianità, eppure basterebbe distogliere per un solo istante lo sguardo dallo scorrere delle cose e cercare di catturarle una per una, per cogliere l'essenza del loro manifestarsi.
E capita di vedere un uomo in bombetta mentre due signore ben vestite ed incappottate attraversano la strada e capita pure di fermarsi a pensare come una scena del genere ricordi esattamente ciò che accadeva poco più di un secolo fa, sì, nel 1913, quando Kirchner dipingeva le "Cinque donne per la strada", oppure a metà secolo, nel 1955, in cui l'uomo in bombetta sembra uscir fuori dal genio di Magritte per tuffarsi nella tela del "Maestro di scuola".
È eccezionale alzare lo sguardo da terra per trovarsi di fronte a tutto questo. È eccezionale svegliarsi alle 5:49 del mattino, prepararsi un thé con due biscotti d'accompagnamento e godersi quel silenzio che solo la Notte sa custodire. E poi scrivere e leggere a ruota libera, voltandosi soltanto intorno alle 7 in direzione del balcone e rendersi conto che "c'è fin troppo buio fuori per quest'ora" per scoprire, successivamente, che lì fuori, mentre la città sbadigliava assonnata, c'era un'eclissi di Luna al Solstizio d'Inverno.
Si vive anche per questi attimi, si vive soprattutto per questi attimi.
Perché le "grandi imprese" non è detto che la vita ci dia il tempo di viverle o, almeno, di viverle come siamo abituati ad immaginarle.

Alexis
21.12.2010
E. L. Kirchner, Cinque donne per la strada, 1913

R. Magritte, Maestro di scuola, 1955

domenica 19 dicembre 2010

Del divino insito nell'Umano.

Se ci è impossibile stabilire le basi logico-scientifiche per cui ci si sente investiti dalla Fede in una qualsiavoglia forma divina, non dovremmo allora parlare di fascinazione verso un'idea o un simbolo che convoglia in sé quanto di più alto ed encomiabile esista?
Non è possibile che l'uomo abbia prodotto un'immagine talmente persuasiva del divino, quasi ammaliante in qualche caso, da cadere nel proprio stesso tranello?
La divinità appare spesso come la sublimazione di qualsiasi virtù umana ergendo la stessa a valore assoluto, ed è buffo come, in qualche caso, queste espasperazioni sensazionalistiche dell'umano siano state rese veri e propri despoti ai danni dell'umano stesso, abbassando, quindi, ogni apparente virtù allo stato ferino primordiale e quindi annullandone l'effetto rassicurante e paterno.
Quale è, quindi, la natura delle divinità, soprattutto delle divinità monoteistiche?
Perché aggrapparsi ad un'entità inconoscibile, irrangiungibile, al cui volere è possibile solamente sottostare in uno stato di cieca fiducia e patetico[a mio parere] abbandono?
Perché non recuperare o costruire una forma di dialogo diretto con il divino, senza intercessione alcuna?
Questa è la domanda che mi assedia sin dalla giovinezza e che porto avanti con sicurezza e decisione. 
Io esigo che le entità mi si rivelino, ma chi mi garantisce [tornando alla domanda iniziale] che non sia io stessa a far sì che determinate cose accadano semplicemente cambiando il mio atteggiamento mentale e predisponendolo alla fiducia nei confronti di ciò che non si può vedere, ma solamente percepire? E se scoprissi che il potere della mia mente sia in realtà più forte di qualsiasi divintà? Se il potere dell'umano fosse il potere di essere spirito e corpo allo stesso tempo? Se la scissione tra umano e divino esistente sin dall'inizio dei tempi sia stata soltanto frutto di un'incomprensione dell'intrinseca natura umana [incomprensione cui, per altro, certi rami della psicologia stanno tentando di far fronte attraverso il recupero degli archetipi mitologici greci per spiegare i comportamenti umani] probabilmente indotta dal timore di questa stessa e dalla necessità di veicolare il pensiero di masse più o meno vaste attraverso l'invenzione della superstizione?
Le domande in merito e le problematiche sollevate da argomenti di questo tipo sono infinite, proprio perché è inconocibile, al momento, la vera materia di cui si tratta, ma ad una cosa, forse, sono giunta: 
la risposta è nell'umano
E nel senso più divino che l'accezione di umano contempla.

Alexis
19.12.2010

sabato 18 dicembre 2010

Pensiero su Paul Gauguin

I colori di Gauguin, le sue pennellate calde e rassicuranti pervase dal tepore dell'atmosfera esotica.
Sguardi quotidiani di donne e uomini dalle pelli brune e dalle variopinte vesti che sembrano essere lontani secoli e secoli dall'ormai permanente grigiore occidentale.
Un misticismo esotico, primordiale nelle tavole dedicate all'esistenzialismo e al culto dei morti. Una civiltà cui Gauguin si accostò per necessità e per tensione e che fu capace di regalargli le più grandi suggestioni artistiche e di accentuare quelle in lui già presenti.
Il calore emanato dalle tavole polinesiane è inesplicabile. Ci si sente totalmente inebriati da quei profumi schietti ed incontaminati e quella canicola tropicale.
Una magia colta dalla straordinaria sensibilità di un uomo apparentemente come tanti, in fondo, restituitaci nella sua pura e semplice essenza.

Ea haere ia oe[dove vai?], 1893
Alexis
18.12.2010

martedì 14 dicembre 2010

Di varie cose

È davvero buffo notare come "l'amore" idealizzato sia diverso da quello che si sviluppa nella realtà.
In poesia e nei miei disegni l'ho spesso vagheggiato in questo ultimo anno. L'ho tragicizzato, reso grande, immane, forte e trainante e l'ho proiettato verso gli orizzonti più lontani ed irraggiungibili. E più la meta era vaga e distante, più esso cresceva e si gonfiava come una bolla d'aria o di sapone, fino ad arrivare ad un'ovvia esplosione finale.
Invece, adesso, noto come i sentimenti prendano la propria strada lentamente e non senza esitazioni. Si contorcono nel dubbio, si bagnano nell'incostanza e nell'incertezza per poi guizzare dalle fonti come pesci pienamente coscienti della propria forma e della propria essenza, fieri anzi di queste ultime, ed il turbamento assume un sapore diverso. Non è più il lamento del cuore per qualcosa che non si potrà avere, ma il dubbio e la paura di non riuscire a gestire ciò che si ha fra le mani, di essere inadatti, di non superare ciò che il passato ha trascinato nel presente... però poi basta una risata, un sorriso, una conferma inaspettata a far tornare serena la mente.
E ci sono delle volte in cui le membra si distendono, in cui una scintilla si accende e ci si libera dal pensiero.
"Tu pensi troppo" una volta mi fu detto ed è la verità, ahimé.
Il pensiero interferisce con la vita che scorre, la problematizza, talvolta l'inaridisce, altre invece la arricchisce e le da significati diversi, più variopinti e magici.
Ed io devo ancora imparare a lasciarmi andare alla reale magia delle cose, piuttosto che limitarmi ad idealizzarla.

venerdì 10 dicembre 2010

In Viaggio

Probabilmente, se la mia natura non fosse essenzialmente critica, adesso non starei a pensare a tutte quelle cose a cui sto pensando.
È bastato un discorso, un solo discorso a gettare via il drappo che custodiva delle idee lasciate in stand by per troppo tempo, dei giudizi e delle opinioni da riprendere, rivedere, ricostruire, ma che so già che non arriveranno mai a toccare un punto chiamato Fine.
A me manca ciò che è virtù base degli esseri spirituali, ovvero la Fede. 
Intuisco e sento che vi è qualcosa oltre l'umano e che probabilmente fa parte dell'umano stesso, ma lo si classifica usualmente come divino. Gli diamo un altro nome ed un'altra veste perché ancora non siamo capaci, forse, di concepirlo come parte integrante del nostro essere e abbiamo necessità di proiettarlo al di fuori ed al di sopra di noi per comprenderlo. Forse è soltanto un puro gioco dialettico entro il quale ci arrovelliamo da secoli. 
Ed io, in questo gioco, che parte sto prendendo?
Mi sono affidata agli Dèi, perché sentivo la loro presenza accanto a me, e ho basato il mio rapporto con loro su fondamenta assolutamente umane, su un sentimento di fiducia, non di fede, su un rapporto dialettico, non di asservimento incontrastato e se mi si chiedesse di abbandonarmi totalmente alla loro volontà probabilmente non lo farei, perché umanamente desidererei avere sempre il dominio e la piena coscienza del mio percorso, un cogliere i segni che mi vengono posti innanzi e manovrarli ed interpretarli a modo mio.
Ho creato un qualcosa che fosse a mia immagine e somiglianza, e qui, allora, bisognerebbe discutere sull'idea di religione e di credo: esiste necessariamente un assolutismo religioso/spirituale, oppure ognuno è in grado di vivere la religiosità/spiritualità a modo proprio?
Io sono sempre stata una sostenitrice del secondo pensiero, essenzialmente perché malsopporto le imposizioni esterne e preferisco andare da me alla ricerca della verità, di una verità che sia mia e che mi venga rivelata nel corso dell'esistenza, una verità che probabilmente mi illudo di trovare, ma che in realtà sto creando da sola. E potrei, in alternativa, abbandonarmi a cose dette e sperimentate da altri e farle mie? No, per natura non credo di poterlo fare o di poterlo accettare. 
Cerco la rivelazione e la ricerco nella mia vita e nella mia esperienza. Citerei Siddharta ed il suo viaggio attraverso la vita che lo ha condotto all'Illuminazione: in fondo non cercava anche lui una forma di Verità? E non esistevano già altre forme religiose cui appellarsi? Eppure è divenuto capostipite, profeta e portatore di un messaggio che oggi è divenuto religione e credo di molti, ma tutto è partito dalla ricerca di un uomo, un semplice uomo che non è stato investito da una qualche parentela divina e che aveva fatto esperienza delle più grandi ricchezze e lussi che l'umanità conosce, un uomo che è stato risvegliato da un sentore [un segno] e ha cominciato la sua ricerca fino ad arrivare alla meta.
Io mi ispiro al viaggio di Siddharta e cerco la mia via, per quanto impura possa essere al momento, per quanto contraddittoria e contorta, intricata e piena di incongruenze, la sto cercando. 
Il mio errore è stato quello di bloccarla, di perderla di vista e accantonarla credendo di aver trovato una soluzione che io stessa ho spesso definito non definitiva. Mi sono adagiata su una verità transitoria e adesso è tempo di ricominciare a capire, di ricominciare a porsi delle domande.
Per questo pratico Yoga. Per conoscermi, per comprendermi, per sentirmi e per capire.
E gli Dèi, forse, sono le suggestioni che mi parlano, sono i segni che colgo, sono le ispirazioni di cui e per cui vivo, sono le proiezioni del mio essere: Athena la mia Essenza, Apollo la mia Arte, Ade il mio essere introspettivo e legato al mondo dell'Aldilà.
La via di Siddharta è una via umana, è un percorso spirituale che prende in considerazione l'essere umano, non prevede alcuna divinità, non si pone il problema della fede, si pone il problema dell'esperienza e della comprensione, della contemplazione di ciò che esiste e del ricercare e sentire, percepire il mondo circostante. Forse credere in una o più divinità significherebbe cadere vittima di una ancestrale forma di superstizione... ma ripeto e chiudo con un interrogativo a me stessa: sarò mai capace di abbracciare in toto una fede/credo esistente senza sentire la necessità di modificarla a mio piacimento?

giovedì 9 dicembre 2010

Qualcosa di più*

Andrei Protsouk, Leaps of Rose

(*)Titolo rubato a Neffa per un dipinto che esprime qualcosa di più del classico bacio d'amore.
Vi è tenerezza, protezione, purezza. Baciare la fronte, baciare la mente e l'anima, come se dall'incontro fra due esseri siano anche le parti fanciulle a scoprirsi e, conseguentemente, amarsi. 
Al momento è questo che sto vivendo. Un qualcosa in evoluzione che ancora non ha ben chiare le proprie intenzione e non vuole addirittura averne probabilmente, vuole semplicemente andare e lasciarsi trasportare da ciò che accadrà, perché, in fondo, il naufragar m'è dolce in questo mare[cit.].

venerdì 3 dicembre 2010

Lo strano equilibrio fra Yin e Yang

L'universo maschile mi affascina parecchio perché lo ritengo più capace di reazioni spontanee e di espressioni artistiche più sincere. Noi donne siamo spesso eccessivamente condizionate ed interessate nelle nostre esternazioni, anche se inconsapevolmente.
Io mi ritengo da sempre più simile ad un uomo sotto certi aspetti, merito forse di un placido equilibrio fra lo yin e lo yang, anche se non nascondo che ciò mi ha portato non pochi problemi, soprattutto durante il periodo della pubertà.
Riconoscevo la mia diversità rispetto ad alcune sfumature del mondo femminile, la mia etica più salda, il mio ostinato e giustificato odio verso le reazioni melodrammatiche e la ricerca squallida di attenzioni attraverso lacrime e piagnistei varii e tuttora malsopporto alcuni atteggiamenti tipicamente femminili, li ritengo frivoli, stupidi e totalmente insensati, ma non ho potuto fare a meno di confrontarmi con la mia essenza di donna nel corso degli anni, ho dovuto accettarla e combatterne alcuni aspetti in combutta ancora oggi. E le esperienze mi hanno forgiata in tal senso, per fortuna.
Il mio obiettivo è stato sempre quello di creare una linea di demarcazione che dividesse me dagli altri esseri, soprattutto da quelli femminili, ho sempre cercato di affinare gli aspetti più alti della mia moralità ed attività intellettiva, ma non avrei potuto farlo se ciò non fosse stato già insito in me dalla nascita.
Quella che sento e che ho sempre sentito è una diversità di fatto che non ha caratteri identificabili o inscrivibili nell'identità sessuale, è una diversità di spirito, di indole, di cui vado onestamente fiera. Tutto questo discorso sembrerà un grandissimo elogio a me stessa, ed in parte lo è e non posso negarlo, ma ciò nasce dalla forte consapevolezza che ho di me e dalla volontà ed il proposito di non perdermi mai fra i flutti dell'esistenza.
Ciò che mi spaventa di più del mondo femminile è la frivolezza, l'essere banale, la superficialità. Per una donna è molto più semplice, a mio parere, cadere in trappole di questo tipo, basta soltanto un cruccio sentimentale, qualcosa che tocchi la vena del protagonismo stucchevolmente romantico ed è fatta, tutto lo spessore che una donna può avere svanisce immediatamente nel nulla. Non critico affatto la purezza di spirito e/o la passionalità che una donna può mettere nelle cose che fa e nelle situazioni che vive [anche qui esperienza insegna sia nel bene che nel male], so che quando esistono emozioni pure e sincere noi donne siamo capaci di una sensibilità e di un'empatia incredibili e senza eguali, conosciamo l'arte del sacrificio per l'altro, ma ciò in fondo comporta sempre un barlume di protagonismo ed un pizzico di intrinseca vanità, così come siamo portate ad esprimere tutto con il filtro dell'io narrante/protagonista che corrisponde all'io scrittore/artista.
Infondiamo noi stesse in tutto ciò che facciamo in maniera spesso massiccia ed invasiva, inevitabilmente autobiografica, potreste dirmi che questo è un processo comune anche agli uomini, ed in effetti, pensandoci, è vero, però è come se nell'uomo si percepisse una sorta di universalità dei messaggi, una oggettività che alla donna è quasi impossibile da raggiungere, a meno che non utilizzi escamotage letterario-artistici per cui si attui un effettivo distacco fra l'autrice/artista e le sensazioni/situazioni/personaggi descritti e rappresentati.
Ed è a quel tipo di oggettività che io aspiro.
A quel particolare modo di sentire il mondo, le arti e la vita che mi attrae perché lo trovo intriso di una sensibilità più pura, differente. Trovo gli uomini capaci di partorire le perle più maestose e lucenti, capaci di dar vita alle sensazioni più ingenue e sincere come a quelle più ferine e terribili, trovo gli uomini degli esseri stupendi, la cui bellezza e fascino risiedono in quell'animo bambino che trova spazio e vita nelle passioni di cui si circondano e sperimentano, nella curiosità viva che li anima.
In realtà, al di là delle idealizzazioni e dei confronti di sorta, uomini e donne sono esseri che, nelle loro potenzialità più alte, costituiscono un connubio ed una perfezione divini. Due mondi che si incontrano, due universi che combaciano pur mantenendo le proprie diversità e caratteristiche e dovremmo sforzarci di più nel comprendere la controparte, accostarci ad essa per trarne giovamento... ed è, infatti, quello che sto cercando di fare in questa mia vita: soppesare i piatti della bilancia in favore di un equilibrio che mi porti ad avere una coscienza espansa ed aperta.
Ancora sono molto critica rispetto a certe cose e questo scritto lo dimostra, ma sono qui per mettermi costantemente alla prova.

Alexis
03.12.2010

giovedì 2 dicembre 2010

«Per arrivare all'Alba, non c'è altra via che la Notte.» - K. Gibran

E nella mia vita ritorna, di volta in volta, questa citazione. 
Torna il buio, culla e rifugio della luce, da cui nascono le stelle, preludio e ricordo del giorno, intrise della profondità notturna.
Correre e arrestarsi, osservare, fare tesoro di ciò che si è incontrato e sperimentato e poi restare in attesa inconscia di un qualcosa che verrà a prescindere dalla volontà di ognuno.
Certi percorsi sono obbligati, certe strade illudono di essere scelte, mentre scelgono per prime i passanti che le percorreranno. 
E gli uomini si muovono inconsapevoli per queste vie, queste diramazioni che giungono, infine, al progetto del proprio essere, ed è affascinante crederci esseri dispersi e coinvolti in trame che ci è impossibile conoscere, ma che è sempre possibile intuire.
In fondo, l'uomo è una creatura bambina che si muove in maniera maldestra fra le sabbiose dune della vita.