lunedì 27 settembre 2010

Sulla Bellezza

La Bellezza è quel qualcosa che va oltre l'armonia delle linee e delle forme. È ciò che dona viva emozione al cuore, ciò che parla all'anima senza muovere parola.

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Siamo abituati a considerare il Bello come qualcosa di mortalmente statico, immobile, asettico. Figli, come siamo, di un presunto classicismo, in realtà non abbiamo affatto compreso la tensione dell'armonia aurea propria del mondo antico, greco nello specifico.
Per secoli non abbiamo fatto altro che crogiolarci fra le ceneri di un'idea che non è stata essenza reale e concreta, ma sempre obbiettivo, scopo anelato e mai raggiunto. Un passato mitico, come l'epoca in cui fu presente e, come tale, immerso fra i flutti fusi insieme della realtà e del sogno.
La civiltà greca era tutt'altro che una civiltà statica, era animata dal mito, dalla presenza divina in ogni azione quotidiana e gli stessi Dei obbedivano e cedevano alle leggi delle passioni carnali e spirituali. Dietro la fissità degli sguardi scolpiti v'era e v'è, in realtà, la potenza di una divinità che impera sull'animo umano, lo soggioga e lo rende suddito. Una Nike non può essere figura fissa, immobile, essa vibra nell'aria, la scuote con decisa fermezza e, seppur mutilata, mostra la sua forza, la sua carica dinamica a chi la osserva, e un futurista come Boccioni probabilmente mostra di aver compreso l'arte classica più del neoclassico Canova¹, in cui comunque non possiamo dire di essere completamente esenti dall'emozione, poiché ritrarre un'emozione, un sentimento, un attimo prima della sua esplosione non significa abolirlo, esaurirlo, eliminarlo, bensì è coglierlo nel suo momento di massima tensione, in cui è forse più potente dell'azione compiuta e finita, risolta in un gesto. Ma che Winckelmann avesse sbagliato nel valutare l'arte classica, è storia ormai nota.
Ciò che voglio dire, con questo, è che umanamente desideriamo qualcosa che non ci appartiene e idealizziamo in maniera errata una caratteristica che è propria dell'estatto opposto della perfezione. Quest'ultima è soltanto una categoria estetica che dimentica il grande valore insito nella Bellezza: l'emozione. E finché non avremo compreso questo, non ci rimarrà altro da fare che inseguire simulacri vuoti d'ogni significato e reale partecipazione, costruendo un debole ego su fragili specchi di cristallo.

Alexis
27.09.2010

¹:[dalla descrizione della scultura della dea Ebe]«Con ciò l'artista voleva ribadire la sua aderenza agli esempi della statuaria classica sia con il suo desiderio di voler esprimere solamente il bello ideale sia con l'eliminazione delle passioni o dei sentimenti forti». Cricco-Di Teodoro, Itinerario nell'arte, Volume III, pg. 548.

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