domenica 21 agosto 2011

Da cosa nasce cosa

#1
Sono terribilmente affascinata dal mistico nel quale erano immerse le antiche civiltà.
Mi piace pensare agli uomini che cercavano di comprendere e di concepire il mondo, dalla sua nascita al suo  perpetuo e ancora attuale funzionamento, attraverso la creazione di miti, sorte di fiabe (non esenti da elementi assolutamente realistici e puramente terrestri), epopee divine che nutrivano l'immaginazione degli astanti e sfamavano la fantasia dei loro artefici.
Questa idea mi è venuta così, semplicemente discutendo, e dire che ci avevo pensato già molto tempo fa, quando mi capitava, effettivamente, di riflettere sull'attività di creazione artistico-letteraria.
Quando un artista crea, dando forma ad una creatura o plasmando una storia, non necessariamente questa attività nasce da una visione passata, da una reale ed effettiva reminescenza, essa può anche essere figlia di una semplice visione istantanea; figure che nascono dal nulla, quindi, dalla fusione di elementi e spunti differenti che convogliano in un unico, nuovo ed originale essere. 
Oggi può essere una creatura del Dottor Moreau, ieri poteva essere un dio.

#2
Perché si considera primitivo e selvaggio l'approccio mistico degli animisti, più vicino alla spiritualità dei primi uomini, mentre acquisisce grande valenza, quasi indiscutibile, l'idea di dio o dei? E perché non ci si ferma a pensare che il progressivo distacco dalla concezione della natura-dio fino ad arrivare a quella dio-uomo procede di pari passo con la civilizzazione e la complicazione del sistema sociale e cittadino umano? È come se l'uomo, prendendo coscienza di sé, si allontanasse sempre di più dal mondo naturale tanto da arrivare a non attribuirgli più quel carattere divino che l'aveva avvolto fino a quel momento, ed è un distacco avvenuto in maniera molto precoce, segno che l'uomo ha praticamente fiutato subito quello che tuttora rimane il mistero sulla sua reale natura, la sua indiscutibile (senza faziose accezioni al termine) diversità rispetto al mondo naturale cui comunque è legato da leggi basilari che ne regolano gli istinti, incentrando e modificando la concezione del divino a propria immagine e somiglianza.
Altra domanda che mi pongo: se il dio è un principio assoluto, alla luce del ragionamento appena esposto, come è possibile che l'uomo abbia avuto la possibilità di plasmarlo nelle più svariate maniere nel corso delle diverse epoche e attraverso le diverse civiltà? Non sarebbe più logico pensare che ogni civiltà abbia dato forma alla propria essenza essenza mistica, al proprio 'spirito', utilizzando i connotati che meglio conosceva e riusciva a comprendere, piuttosto che pensare che sia stato attuato, secondo un programma divino, un processo secondo il quale il dio, per essere meglio compreso dall'uomo, abbia preso sembianze note al popolo e alla civiltà cui si presentava? 
In un'era variegata come questa, esiste quasi una fede per ogni individuo, un'idea di dio personalizzata per ognuno; e dio non si è presentato a tutti, meno che a me, ed è questo il tempo dell'individualismo.

#3
L'uomo primitivo doveva cercare di dare un ordine all'immanente mondo naturale che lo circondava, lo spaventava, ma ne dominava la fantasia, lo affascinava, doveva decodificarlo; l'uomo civilizzato comincia a scostarsi dalla natura e ad osservare con maggiore peculiarità le attività umane, le abitudini umane, le gesta umane, comincia a comprendersi, a conoscersi, a decodificarsi e rimane stregato da se stesso, esalta virtù,  crea divinità.
La divinità è un simbolo, astrazione di una virtù resa universale ed indiscutibile, plasmata per legittimare usi e costumi, renderli eterni ed esemplari. 

Scusate la solita poca chiarezza di certi ragionamenti! ^^

2 commenti:

Soffio ha detto...

CVredo che il senso dell'oltre sia proprio dell'uomo, e a questo si é cercato di dare nomi, purtruppo fedi incrollabili e quindi portatrici di devastazioni. Oggi per noi italiani cattolici e occidentali é difficile cogliere il senso del sacro e dell'oltyre. Questa é una ricerca interiore, non aiutata dai secoli di cultura giudaico cristiana che pure può offrire un fondamento valido. Infine c'é quello che Jung chiamava "Dio dentro di noi" ovvero l'inconscio che ci può aiutare in un percorso laico di "individuazione" che comunque si incrocia con il senso del sacro

Alexis ha detto...

Su Jung mi sono spesso ripromessa di fare delle ricerche più approfondite, non prima, però, di avere letto qualcosina in più su Freud.
Riguardo la questione, invece, io non credo che la fede sia un occultamento totale della ricerca interiore, può essere un mezzo di conoscenza come altri, di certo non la preferisco per indole, però purtroppo ravviso delle incongruenze troppo forti. Incongruenze o, a mio avviso, idee abbozzate che si manifestano nel corso di determinati discorsi (come mi è capitato spesso di notare discutendo con un'amica da poco riavvicinata al cristianesimo), e che poi vengono camuffate da citazioni tratte dal vangelo o dalla Bibbia o da concetti che, a me e sottolineo a me, appaiono come scarni e privi di una reale consistenza e concretezza. Insomma, più che una ricerca condotta e portata avanti personalmente, è come se ci si facesse scudo con la citazione e questo smaterializza l'opinione personale; la 'verità' si veste da logica in modo fraudolento, perché non è più verità esperita ma verità indotta.

Personalmente, so benissimo che il mio percorso può apparire piuttosto contorto così come so che ad ognuno è 'destinato' il percorso che sceglie di vivere e portare avanti, però, ormai, certe cose mi appaiono e mi sono 'naturali' da pensare, senza, per questo, mettere mai un punto definitivo sulle questioni.

Grazie per il commento. ^^