#1
Sono terribilmente affascinata dal mistico nel quale erano immerse le antiche civiltà.
Mi piace pensare agli uomini che cercavano di comprendere e di concepire il mondo, dalla sua nascita al suo perpetuo e ancora attuale funzionamento, attraverso la creazione di miti, sorte di fiabe (non esenti da elementi assolutamente realistici e puramente terrestri), epopee divine che nutrivano l'immaginazione degli astanti e sfamavano la fantasia dei loro artefici.
Questa idea mi è venuta così, semplicemente discutendo, e dire che ci avevo pensato già molto tempo fa, quando mi capitava, effettivamente, di riflettere sull'attività di creazione artistico-letteraria.
Quando un artista crea, dando forma ad una creatura o plasmando una storia, non necessariamente questa attività nasce da una visione passata, da una reale ed effettiva reminescenza, essa può anche essere figlia di una semplice visione istantanea; figure che nascono dal nulla, quindi, dalla fusione di elementi e spunti differenti che convogliano in un unico, nuovo ed originale essere.
Oggi può essere una creatura del Dottor Moreau, ieri poteva essere un dio.
#2
Perché si considera primitivo e selvaggio l'approccio mistico degli animisti, più vicino alla spiritualità dei primi uomini, mentre acquisisce grande valenza, quasi indiscutibile, l'idea di dio o dei? E perché non ci si ferma a pensare che il progressivo distacco dalla concezione della natura-dio fino ad arrivare a quella dio-uomo procede di pari passo con la civilizzazione e la complicazione del sistema sociale e cittadino umano? È come se l'uomo, prendendo coscienza di sé, si allontanasse sempre di più dal mondo naturale tanto da arrivare a non attribuirgli più quel carattere divino che l'aveva avvolto fino a quel momento, ed è un distacco avvenuto in maniera molto precoce, segno che l'uomo ha praticamente fiutato subito quello che tuttora rimane il mistero sulla sua reale natura, la sua indiscutibile (senza faziose accezioni al termine) diversità rispetto al mondo naturale cui comunque è legato da leggi basilari che ne regolano gli istinti, incentrando e modificando la concezione del divino a propria immagine e somiglianza.
Altra domanda che mi pongo: se il dio è un principio assoluto, alla luce del ragionamento appena esposto, come è possibile che l'uomo abbia avuto la possibilità di plasmarlo nelle più svariate maniere nel corso delle diverse epoche e attraverso le diverse civiltà? Non sarebbe più logico pensare che ogni civiltà abbia dato forma alla propria essenza essenza mistica, al proprio 'spirito', utilizzando i connotati che meglio conosceva e riusciva a comprendere, piuttosto che pensare che sia stato attuato, secondo un programma divino, un processo secondo il quale il dio, per essere meglio compreso dall'uomo, abbia preso sembianze note al popolo e alla civiltà cui si presentava?
In un'era variegata come questa, esiste quasi una fede per ogni individuo, un'idea di dio personalizzata per ognuno; e dio non si è presentato a tutti, meno che a me, ed è questo il tempo dell'individualismo.
#3
L'uomo primitivo doveva cercare di dare un ordine all'immanente mondo naturale che lo circondava, lo spaventava, ma ne dominava la fantasia, lo affascinava, doveva decodificarlo; l'uomo civilizzato comincia a scostarsi dalla natura e ad osservare con maggiore peculiarità le attività umane, le abitudini umane, le gesta umane, comincia a comprendersi, a conoscersi, a decodificarsi e rimane stregato da se stesso, esalta virtù, crea divinità.
La divinità è un simbolo, astrazione di una virtù resa universale ed indiscutibile, plasmata per legittimare usi e costumi, renderli eterni ed esemplari.
Scusate la solita poca chiarezza di certi ragionamenti! ^^