«Fin dall'infanzia ho la viziosa tendenza di considerarmi diverso dai comuni mortali. Questo dura ancora, e continua a riuscirmi.»Salvador Dalì
Non ho mai nascosto a nessuno la mia spocchia né di come essa si faccia viva e ardente quando mi sento minacciata, o, più semplicemente, non ho mai negato di percepire una sottile diversità che intercorre fra me e le persone comuni [accezione dai limiti totalmente arbitrari e variabili da persona a persona].
Purtroppo, chi ha a che fare con me, deve convivere con questa realtà visionaria che, però, non è mai a senso unico o frutto di pura megalomania [che pure un po' mi affligge! :P].
Ciò che sento vibrare in me è ciò che cerco negli altri e aborro, seppure comunque la comprenda, qualsiasi forma di banalità, divenendo intransigente in primo luogo verso me stessa. Per questo motivo, spesso, tendo a fare delle scelte che valorizzino ciò che sento di possedere e che mi portino all'esplorazione di una realtà non comune a tutti, o che comunque divenga una dimensione strettamente personale.
Sembra facile a dirsi, ma rimanere imbrigliati nelle trame della normalità è facilissimo. È un meccanismo che agisce sottopelle e che, più di una volta da qualche anno, è stato per me motivo di lamentele e di timori per il mio futuro e la mia stessa personalità, che ho avvertito come in pericolo, talvolta anche imbrutita ed instupidita.
Non ero soddisfatta, non lo ero affatto.
Un circolo vizioso d'abitudine e pigrizia mi aveva totalmente assuefatta alle consuetudini, ed internamente ne soffrivo, strepitando a volte anche all'esterno.
Non posso negare di aver avuto bisogno o, più che altro, di avere accolto alcuni input esterni per dare via al processo, ma non vedo dove stia la negatività in questo, negatività che mi è stata posta e problematizzata recentemente, facendo perno sulla questione del condizionamento esterno. E se mi spiego in tal senso, risulto "giustificare terzi", non esporre mie scelte.
Dico ciò, perché il post di Cecilia mi ha fatta riflettere molto sulle tecniche comunicative che si dovrebbero utilizzare in questi casi, però io ho il vizio ed il difetto di non spiegare le mie scelte in taluni casi, e questo manda gli altri in confusione rispetto a ciò che conoscono di me.
Parto dal presupposto che non mi si capisca e, talvolta, questo presupposto nasce proprio dalla profonda conoscenza del mio interlocutore. Se non mi sento libera di spiegare, poiché temo una determinata reazione, io non mi spiego e pongo la realtà per ciò che è, che la si accetti o meno, dando spiegazioni vaghe e fumose. Questo anche perché non accetto che si mettano limiti alla mia possibilità d'azione. Insomma: sono abbastanza impossibile da gestire quando si tratta di cose che mi riguardano da vicino e da cui può dipendere il mio futuro e la mia condotta personale.
Se sento che qualcosa è giusta per me e l'ho scelta appositamente per sperimentarne il possibile beneficio, non sento ragioni od obiezioni di sorta, l'ho sempre fatto e ciò mi ha portato beghe e grandi soddisfazioni.
Ovviamente sarebbe un atto puramente egoistico se non avesse un riscontro sul mio comportamento con gli altri, ma io credo di essere sempre riuscita a rispettare la soglia ed il limite che si pone fra il mio ruolo di amica/confidente e l'individualità e le scelte dell'altra persona. Credo questo sia fondamentale, soprattutto per evitare di incorrere in turbe di tipo paranoico che logorano i rapporti, poiché fondate su ipotesi reiterate a più mandate che non hanno nulla di concreto.
Ma fa nulla, in fondo è anche per causa mia se non riesco a stabilire rapporti che siano al contempo profondi e liberi. E fintanto che imparerò questa lezione, mi limito ad osservare il mondo con la stessa espressione di Dalì che guarda il pollo sulla propria spalla. "Poffarbacco, che gran delirio!" :D
Ovviamente sarebbe un atto puramente egoistico se non avesse un riscontro sul mio comportamento con gli altri, ma io credo di essere sempre riuscita a rispettare la soglia ed il limite che si pone fra il mio ruolo di amica/confidente e l'individualità e le scelte dell'altra persona. Credo questo sia fondamentale, soprattutto per evitare di incorrere in turbe di tipo paranoico che logorano i rapporti, poiché fondate su ipotesi reiterate a più mandate che non hanno nulla di concreto.
Ma fa nulla, in fondo è anche per causa mia se non riesco a stabilire rapporti che siano al contempo profondi e liberi. E fintanto che imparerò questa lezione, mi limito ad osservare il mondo con la stessa espressione di Dalì che guarda il pollo sulla propria spalla. "Poffarbacco, che gran delirio!" :D