venerdì 24 dicembre 2010

Dies Natalis Solis Invicti

Una leggenda, una tradizione che affondano le proprie radici ben più in là di quelle tracciate dalla tradizione cristiana, cui comunque bisogna dare il merito di aver riutilizzato e, in qualche modo, mantenuto la sotterranea memoria di questa celebrazione pagana prima iranica poi romana:


Dio Mitra e sacrificio del Toro fecondatore della terra

Auguri a tutti, qualsiasi cosa decidiate di festeggiare.

martedì 21 dicembre 2010

Le Grandi Imprese

Ricerchiamo il senso dell'esistenza nelle grandi imprese, in quelle sfide che riescano a portare e tendere le corde delle nostre capacità ed emozioni fino all'estrema tensione possibile, e non ci rendiamo conto di quanto la vita, invece, sia composta da attimi, innumerevoli attimi entro i quali avvengono e si sviluppano i più disparati accadimenti.
Spesso non ci si accorge dello straordinario che ci circonda giornalmente, tanto si è piegati alla e dalla quotidianità, eppure basterebbe distogliere per un solo istante lo sguardo dallo scorrere delle cose e cercare di catturarle una per una, per cogliere l'essenza del loro manifestarsi.
E capita di vedere un uomo in bombetta mentre due signore ben vestite ed incappottate attraversano la strada e capita pure di fermarsi a pensare come una scena del genere ricordi esattamente ciò che accadeva poco più di un secolo fa, sì, nel 1913, quando Kirchner dipingeva le "Cinque donne per la strada", oppure a metà secolo, nel 1955, in cui l'uomo in bombetta sembra uscir fuori dal genio di Magritte per tuffarsi nella tela del "Maestro di scuola".
È eccezionale alzare lo sguardo da terra per trovarsi di fronte a tutto questo. È eccezionale svegliarsi alle 5:49 del mattino, prepararsi un thé con due biscotti d'accompagnamento e godersi quel silenzio che solo la Notte sa custodire. E poi scrivere e leggere a ruota libera, voltandosi soltanto intorno alle 7 in direzione del balcone e rendersi conto che "c'è fin troppo buio fuori per quest'ora" per scoprire, successivamente, che lì fuori, mentre la città sbadigliava assonnata, c'era un'eclissi di Luna al Solstizio d'Inverno.
Si vive anche per questi attimi, si vive soprattutto per questi attimi.
Perché le "grandi imprese" non è detto che la vita ci dia il tempo di viverle o, almeno, di viverle come siamo abituati ad immaginarle.

Alexis
21.12.2010
E. L. Kirchner, Cinque donne per la strada, 1913

R. Magritte, Maestro di scuola, 1955

domenica 19 dicembre 2010

Del divino insito nell'Umano.

Se ci è impossibile stabilire le basi logico-scientifiche per cui ci si sente investiti dalla Fede in una qualsiavoglia forma divina, non dovremmo allora parlare di fascinazione verso un'idea o un simbolo che convoglia in sé quanto di più alto ed encomiabile esista?
Non è possibile che l'uomo abbia prodotto un'immagine talmente persuasiva del divino, quasi ammaliante in qualche caso, da cadere nel proprio stesso tranello?
La divinità appare spesso come la sublimazione di qualsiasi virtù umana ergendo la stessa a valore assoluto, ed è buffo come, in qualche caso, queste espasperazioni sensazionalistiche dell'umano siano state rese veri e propri despoti ai danni dell'umano stesso, abbassando, quindi, ogni apparente virtù allo stato ferino primordiale e quindi annullandone l'effetto rassicurante e paterno.
Quale è, quindi, la natura delle divinità, soprattutto delle divinità monoteistiche?
Perché aggrapparsi ad un'entità inconoscibile, irrangiungibile, al cui volere è possibile solamente sottostare in uno stato di cieca fiducia e patetico[a mio parere] abbandono?
Perché non recuperare o costruire una forma di dialogo diretto con il divino, senza intercessione alcuna?
Questa è la domanda che mi assedia sin dalla giovinezza e che porto avanti con sicurezza e decisione. 
Io esigo che le entità mi si rivelino, ma chi mi garantisce [tornando alla domanda iniziale] che non sia io stessa a far sì che determinate cose accadano semplicemente cambiando il mio atteggiamento mentale e predisponendolo alla fiducia nei confronti di ciò che non si può vedere, ma solamente percepire? E se scoprissi che il potere della mia mente sia in realtà più forte di qualsiasi divintà? Se il potere dell'umano fosse il potere di essere spirito e corpo allo stesso tempo? Se la scissione tra umano e divino esistente sin dall'inizio dei tempi sia stata soltanto frutto di un'incomprensione dell'intrinseca natura umana [incomprensione cui, per altro, certi rami della psicologia stanno tentando di far fronte attraverso il recupero degli archetipi mitologici greci per spiegare i comportamenti umani] probabilmente indotta dal timore di questa stessa e dalla necessità di veicolare il pensiero di masse più o meno vaste attraverso l'invenzione della superstizione?
Le domande in merito e le problematiche sollevate da argomenti di questo tipo sono infinite, proprio perché è inconocibile, al momento, la vera materia di cui si tratta, ma ad una cosa, forse, sono giunta: 
la risposta è nell'umano
E nel senso più divino che l'accezione di umano contempla.

Alexis
19.12.2010

sabato 18 dicembre 2010

Pensiero su Paul Gauguin

I colori di Gauguin, le sue pennellate calde e rassicuranti pervase dal tepore dell'atmosfera esotica.
Sguardi quotidiani di donne e uomini dalle pelli brune e dalle variopinte vesti che sembrano essere lontani secoli e secoli dall'ormai permanente grigiore occidentale.
Un misticismo esotico, primordiale nelle tavole dedicate all'esistenzialismo e al culto dei morti. Una civiltà cui Gauguin si accostò per necessità e per tensione e che fu capace di regalargli le più grandi suggestioni artistiche e di accentuare quelle in lui già presenti.
Il calore emanato dalle tavole polinesiane è inesplicabile. Ci si sente totalmente inebriati da quei profumi schietti ed incontaminati e quella canicola tropicale.
Una magia colta dalla straordinaria sensibilità di un uomo apparentemente come tanti, in fondo, restituitaci nella sua pura e semplice essenza.

Ea haere ia oe[dove vai?], 1893
Alexis
18.12.2010

martedì 14 dicembre 2010

Di varie cose

È davvero buffo notare come "l'amore" idealizzato sia diverso da quello che si sviluppa nella realtà.
In poesia e nei miei disegni l'ho spesso vagheggiato in questo ultimo anno. L'ho tragicizzato, reso grande, immane, forte e trainante e l'ho proiettato verso gli orizzonti più lontani ed irraggiungibili. E più la meta era vaga e distante, più esso cresceva e si gonfiava come una bolla d'aria o di sapone, fino ad arrivare ad un'ovvia esplosione finale.
Invece, adesso, noto come i sentimenti prendano la propria strada lentamente e non senza esitazioni. Si contorcono nel dubbio, si bagnano nell'incostanza e nell'incertezza per poi guizzare dalle fonti come pesci pienamente coscienti della propria forma e della propria essenza, fieri anzi di queste ultime, ed il turbamento assume un sapore diverso. Non è più il lamento del cuore per qualcosa che non si potrà avere, ma il dubbio e la paura di non riuscire a gestire ciò che si ha fra le mani, di essere inadatti, di non superare ciò che il passato ha trascinato nel presente... però poi basta una risata, un sorriso, una conferma inaspettata a far tornare serena la mente.
E ci sono delle volte in cui le membra si distendono, in cui una scintilla si accende e ci si libera dal pensiero.
"Tu pensi troppo" una volta mi fu detto ed è la verità, ahimé.
Il pensiero interferisce con la vita che scorre, la problematizza, talvolta l'inaridisce, altre invece la arricchisce e le da significati diversi, più variopinti e magici.
Ed io devo ancora imparare a lasciarmi andare alla reale magia delle cose, piuttosto che limitarmi ad idealizzarla.

venerdì 10 dicembre 2010

In Viaggio

Probabilmente, se la mia natura non fosse essenzialmente critica, adesso non starei a pensare a tutte quelle cose a cui sto pensando.
È bastato un discorso, un solo discorso a gettare via il drappo che custodiva delle idee lasciate in stand by per troppo tempo, dei giudizi e delle opinioni da riprendere, rivedere, ricostruire, ma che so già che non arriveranno mai a toccare un punto chiamato Fine.
A me manca ciò che è virtù base degli esseri spirituali, ovvero la Fede. 
Intuisco e sento che vi è qualcosa oltre l'umano e che probabilmente fa parte dell'umano stesso, ma lo si classifica usualmente come divino. Gli diamo un altro nome ed un'altra veste perché ancora non siamo capaci, forse, di concepirlo come parte integrante del nostro essere e abbiamo necessità di proiettarlo al di fuori ed al di sopra di noi per comprenderlo. Forse è soltanto un puro gioco dialettico entro il quale ci arrovelliamo da secoli. 
Ed io, in questo gioco, che parte sto prendendo?
Mi sono affidata agli Dèi, perché sentivo la loro presenza accanto a me, e ho basato il mio rapporto con loro su fondamenta assolutamente umane, su un sentimento di fiducia, non di fede, su un rapporto dialettico, non di asservimento incontrastato e se mi si chiedesse di abbandonarmi totalmente alla loro volontà probabilmente non lo farei, perché umanamente desidererei avere sempre il dominio e la piena coscienza del mio percorso, un cogliere i segni che mi vengono posti innanzi e manovrarli ed interpretarli a modo mio.
Ho creato un qualcosa che fosse a mia immagine e somiglianza, e qui, allora, bisognerebbe discutere sull'idea di religione e di credo: esiste necessariamente un assolutismo religioso/spirituale, oppure ognuno è in grado di vivere la religiosità/spiritualità a modo proprio?
Io sono sempre stata una sostenitrice del secondo pensiero, essenzialmente perché malsopporto le imposizioni esterne e preferisco andare da me alla ricerca della verità, di una verità che sia mia e che mi venga rivelata nel corso dell'esistenza, una verità che probabilmente mi illudo di trovare, ma che in realtà sto creando da sola. E potrei, in alternativa, abbandonarmi a cose dette e sperimentate da altri e farle mie? No, per natura non credo di poterlo fare o di poterlo accettare. 
Cerco la rivelazione e la ricerco nella mia vita e nella mia esperienza. Citerei Siddharta ed il suo viaggio attraverso la vita che lo ha condotto all'Illuminazione: in fondo non cercava anche lui una forma di Verità? E non esistevano già altre forme religiose cui appellarsi? Eppure è divenuto capostipite, profeta e portatore di un messaggio che oggi è divenuto religione e credo di molti, ma tutto è partito dalla ricerca di un uomo, un semplice uomo che non è stato investito da una qualche parentela divina e che aveva fatto esperienza delle più grandi ricchezze e lussi che l'umanità conosce, un uomo che è stato risvegliato da un sentore [un segno] e ha cominciato la sua ricerca fino ad arrivare alla meta.
Io mi ispiro al viaggio di Siddharta e cerco la mia via, per quanto impura possa essere al momento, per quanto contraddittoria e contorta, intricata e piena di incongruenze, la sto cercando. 
Il mio errore è stato quello di bloccarla, di perderla di vista e accantonarla credendo di aver trovato una soluzione che io stessa ho spesso definito non definitiva. Mi sono adagiata su una verità transitoria e adesso è tempo di ricominciare a capire, di ricominciare a porsi delle domande.
Per questo pratico Yoga. Per conoscermi, per comprendermi, per sentirmi e per capire.
E gli Dèi, forse, sono le suggestioni che mi parlano, sono i segni che colgo, sono le ispirazioni di cui e per cui vivo, sono le proiezioni del mio essere: Athena la mia Essenza, Apollo la mia Arte, Ade il mio essere introspettivo e legato al mondo dell'Aldilà.
La via di Siddharta è una via umana, è un percorso spirituale che prende in considerazione l'essere umano, non prevede alcuna divinità, non si pone il problema della fede, si pone il problema dell'esperienza e della comprensione, della contemplazione di ciò che esiste e del ricercare e sentire, percepire il mondo circostante. Forse credere in una o più divinità significherebbe cadere vittima di una ancestrale forma di superstizione... ma ripeto e chiudo con un interrogativo a me stessa: sarò mai capace di abbracciare in toto una fede/credo esistente senza sentire la necessità di modificarla a mio piacimento?

giovedì 9 dicembre 2010

Qualcosa di più*

Andrei Protsouk, Leaps of Rose

(*)Titolo rubato a Neffa per un dipinto che esprime qualcosa di più del classico bacio d'amore.
Vi è tenerezza, protezione, purezza. Baciare la fronte, baciare la mente e l'anima, come se dall'incontro fra due esseri siano anche le parti fanciulle a scoprirsi e, conseguentemente, amarsi. 
Al momento è questo che sto vivendo. Un qualcosa in evoluzione che ancora non ha ben chiare le proprie intenzione e non vuole addirittura averne probabilmente, vuole semplicemente andare e lasciarsi trasportare da ciò che accadrà, perché, in fondo, il naufragar m'è dolce in questo mare[cit.].

venerdì 3 dicembre 2010

Lo strano equilibrio fra Yin e Yang

L'universo maschile mi affascina parecchio perché lo ritengo più capace di reazioni spontanee e di espressioni artistiche più sincere. Noi donne siamo spesso eccessivamente condizionate ed interessate nelle nostre esternazioni, anche se inconsapevolmente.
Io mi ritengo da sempre più simile ad un uomo sotto certi aspetti, merito forse di un placido equilibrio fra lo yin e lo yang, anche se non nascondo che ciò mi ha portato non pochi problemi, soprattutto durante il periodo della pubertà.
Riconoscevo la mia diversità rispetto ad alcune sfumature del mondo femminile, la mia etica più salda, il mio ostinato e giustificato odio verso le reazioni melodrammatiche e la ricerca squallida di attenzioni attraverso lacrime e piagnistei varii e tuttora malsopporto alcuni atteggiamenti tipicamente femminili, li ritengo frivoli, stupidi e totalmente insensati, ma non ho potuto fare a meno di confrontarmi con la mia essenza di donna nel corso degli anni, ho dovuto accettarla e combatterne alcuni aspetti in combutta ancora oggi. E le esperienze mi hanno forgiata in tal senso, per fortuna.
Il mio obiettivo è stato sempre quello di creare una linea di demarcazione che dividesse me dagli altri esseri, soprattutto da quelli femminili, ho sempre cercato di affinare gli aspetti più alti della mia moralità ed attività intellettiva, ma non avrei potuto farlo se ciò non fosse stato già insito in me dalla nascita.
Quella che sento e che ho sempre sentito è una diversità di fatto che non ha caratteri identificabili o inscrivibili nell'identità sessuale, è una diversità di spirito, di indole, di cui vado onestamente fiera. Tutto questo discorso sembrerà un grandissimo elogio a me stessa, ed in parte lo è e non posso negarlo, ma ciò nasce dalla forte consapevolezza che ho di me e dalla volontà ed il proposito di non perdermi mai fra i flutti dell'esistenza.
Ciò che mi spaventa di più del mondo femminile è la frivolezza, l'essere banale, la superficialità. Per una donna è molto più semplice, a mio parere, cadere in trappole di questo tipo, basta soltanto un cruccio sentimentale, qualcosa che tocchi la vena del protagonismo stucchevolmente romantico ed è fatta, tutto lo spessore che una donna può avere svanisce immediatamente nel nulla. Non critico affatto la purezza di spirito e/o la passionalità che una donna può mettere nelle cose che fa e nelle situazioni che vive [anche qui esperienza insegna sia nel bene che nel male], so che quando esistono emozioni pure e sincere noi donne siamo capaci di una sensibilità e di un'empatia incredibili e senza eguali, conosciamo l'arte del sacrificio per l'altro, ma ciò in fondo comporta sempre un barlume di protagonismo ed un pizzico di intrinseca vanità, così come siamo portate ad esprimere tutto con il filtro dell'io narrante/protagonista che corrisponde all'io scrittore/artista.
Infondiamo noi stesse in tutto ciò che facciamo in maniera spesso massiccia ed invasiva, inevitabilmente autobiografica, potreste dirmi che questo è un processo comune anche agli uomini, ed in effetti, pensandoci, è vero, però è come se nell'uomo si percepisse una sorta di universalità dei messaggi, una oggettività che alla donna è quasi impossibile da raggiungere, a meno che non utilizzi escamotage letterario-artistici per cui si attui un effettivo distacco fra l'autrice/artista e le sensazioni/situazioni/personaggi descritti e rappresentati.
Ed è a quel tipo di oggettività che io aspiro.
A quel particolare modo di sentire il mondo, le arti e la vita che mi attrae perché lo trovo intriso di una sensibilità più pura, differente. Trovo gli uomini capaci di partorire le perle più maestose e lucenti, capaci di dar vita alle sensazioni più ingenue e sincere come a quelle più ferine e terribili, trovo gli uomini degli esseri stupendi, la cui bellezza e fascino risiedono in quell'animo bambino che trova spazio e vita nelle passioni di cui si circondano e sperimentano, nella curiosità viva che li anima.
In realtà, al di là delle idealizzazioni e dei confronti di sorta, uomini e donne sono esseri che, nelle loro potenzialità più alte, costituiscono un connubio ed una perfezione divini. Due mondi che si incontrano, due universi che combaciano pur mantenendo le proprie diversità e caratteristiche e dovremmo sforzarci di più nel comprendere la controparte, accostarci ad essa per trarne giovamento... ed è, infatti, quello che sto cercando di fare in questa mia vita: soppesare i piatti della bilancia in favore di un equilibrio che mi porti ad avere una coscienza espansa ed aperta.
Ancora sono molto critica rispetto a certe cose e questo scritto lo dimostra, ma sono qui per mettermi costantemente alla prova.

Alexis
03.12.2010

giovedì 2 dicembre 2010

«Per arrivare all'Alba, non c'è altra via che la Notte.» - K. Gibran

E nella mia vita ritorna, di volta in volta, questa citazione. 
Torna il buio, culla e rifugio della luce, da cui nascono le stelle, preludio e ricordo del giorno, intrise della profondità notturna.
Correre e arrestarsi, osservare, fare tesoro di ciò che si è incontrato e sperimentato e poi restare in attesa inconscia di un qualcosa che verrà a prescindere dalla volontà di ognuno.
Certi percorsi sono obbligati, certe strade illudono di essere scelte, mentre scelgono per prime i passanti che le percorreranno. 
E gli uomini si muovono inconsapevoli per queste vie, queste diramazioni che giungono, infine, al progetto del proprio essere, ed è affascinante crederci esseri dispersi e coinvolti in trame che ci è impossibile conoscere, ma che è sempre possibile intuire.
In fondo, l'uomo è una creatura bambina che si muove in maniera maldestra fra le sabbiose dune della vita.

lunedì 25 ottobre 2010

«E i suoi occhi sembrano quelli d'un demonio che sogna*.»

*cit. Edgar Allan Poe, Il Corvo.

Ed è un lampo di poesia che squarcia il cielo avvolto da nubi e tenebra.
Mi chiedo Poe cosa abbia visto in quegli occhi, in quegli splendidi occhi corvini che osservano la sua muta e minuta figura dall'alto, con gli artigli appigliati all'elmo di Athena, quasi a rendere più imponente e terribile la sua figura.
Quali anime avrà visto volteggiare attorno a quelle pupille fisse e scure?
Come è possibile immaginare l'espressione di un demonio sognante?
Ditemi, non è questo uno slancio poetico/visionario dei più nobili ed alti della poesia tutta e di tutti i tempi?
Non credo mi sia mai capitato di leggere un verso più bello di questo e lo dico sul serio. C'è qualcosa di magico, mostruoso, terribile, ma assolutamente romantico in queste parole. 
Un d e m o n i o che s o g n a. Una caratteristica umana diviene dote animale e poi demoniaca e si tinge del colore della brace e del fuoco... e chi è che vede più un corvo dietro tale definizione? La sua immagine si offusca, si confonde e diviene antropomorfa, ancestralmente affascinante.

Stefano Arcidiacono Photo©

Alexis
25.10.2010

martedì 19 ottobre 2010

So...

Stati di reciproca indifferenza:
desideri coltivati a metà
senza la voglia dell'oltre.

Alexis
19.10.2010

Perché oggi va così.

lunedì 18 ottobre 2010

Innesti musicalcinematografici.

Certe volte capitano delle coincidenze incredibili e si finisce per ritrovare qualcosa che si era scoperto per caso tempo prima immerso in un contesto, al contrario, assai noto!
In realtà mi riferisco a qualcosa di molto più semplice di ciò che sembra, e si tratta, per l'appunto, di un particolare video associato ad una delle mie canzoni preferite di uno dei miei gruppi fondamentali, ovvero What If dei Godsmack.
Fra tutti i video, per lo più supporti audio, che avevo visto e intravisto riguardo questo brano, mi era sfuggito questo qui che è composto da un collage di diversi cortometraggi, fra i quali ho riconosciuto immediatamente il primo, "veduto" per la prima volta[e non ricordo nemmeno perché] al più tardi la scorsa settimana. 
Ecco qui, intanto, il video della canzone:


E qui il cortometraggio da cui sono tratte le prime scene, The Eye of Silence:


Purtroppo per me, non ho ancora i mezzi necessari per poter commentare questa animazione come meriterebbe di essere commentata, ma posso limitarmi ad esprimere un parere estetico o tentare di trovare un qualche significato partendo dalla breve descrizione posta a didascalia dello stesso.
Essa cita: «A doll's head is lost down a dark sewer. An experimental animation which is inspired by the idea of returning to the womb.»[traduzione sommaria: «Una testa di bambola si è persa in un'oscura cloaca. Un'animazione sperimentale ispirata dall'idea di un ritorno al grembo materno.»]
Innanzitutto noto come la testa di bambola non sia intera, bensì squarciata, questo potrebbe voler dare un senso di stampo negativo all'atto del nascere, come se una natura di per sé pura[o che noi crediamo tale tanto siamo abituati a pensare al grambo materno come un rifugio] si macchiasse di una letale deturpazione al momento dell'abbandono dell'utero. Quest'ultimo, poi, non appare affato come un luogo rassicurante. È umido, oscuro, abitato da figure e parti anatomiche che attirano e spaventano la testa fino a condurla innanzi ad una sorta di doppio, che non ho ben capito cosa potrebbe significare, ma che coincide terribilmente con l'annegamento della testa in un liquido che può essere sia liquido amniotico che liquido seminale.
Non nascondo di avere necessità di un confronto con altre ipotesi per capire bene o confermare il senso di quest'animazione, comunque pare voler essere un tentativo di donare una connotazione negativa ad un qualcosa che solitamente si ritiene piacevole, gioiosa, addirittura realizzazione di un sogno/desiderio per qualcuno.
Ma adesso passo ad un altro spezzone del video musicale che mi ha incuriosita e di cui sono riuscita a trovare immediatamente l'originale di appartenenza, Transition:


Stavolta, però, la spiegazione la si trova direttamente nei commenti ed è stata scritta direttamente da uno dei due creatori del corto/animazione, ovvero Jonathan Moyes: «We were inspired by the stories of organ stealing in Brazil. Basically, our character is sorta undead, and travels to a limbo land where he has flashbacks of being robbed of his organs. At the end the character accepts his own death... and really dies this time!».
Godeteveli perché credo siano davvero interessanti sia dal punto di vista della realizzazione[stop motion] sia dal punto di vista dei significati che intendono proporre e che poi ognuno interpreta a proprio modo.
Altra simpatica coincidenza, i creatori di Transition si autoaffermano ispirati dai video realizzati in stop motion per i brani dei Tool e dal lavoro cinematografico dei Quay Brothers, produttori e registi di alcuni video dei Pere Ubu.

Alexis
18.10.2010

sabato 16 ottobre 2010

Un parere sull'attuale.

Uhm non so se sia giusto dire ciò che sto per dire, ma è il mio parere ed in quanto tale ho diritto ad esprimerlo.
Ultimamente sto vedendo un proliferare su Facebook di gruppi e "Pagine Fan" su Sarah Scazzi, vittima di un delitto dalle dinamiche ancora poco chiare, ma che si prospettano sempre più terribili. 
Adesso, partendo dal fatto che credo che ciò che è avvenuto ai danni di questa ragazza sia terribile, frutto di una violenza bruta e meschina, nonché fredda e brutale, sinceramente devo esprimere il mio dissenso aperto nei confronti di questo commiato di massa. E non perché non sia corretto essere solidali con quanto accaduto, ma semplicemente perché penso se ne perda totalmente il valore ed il peso, si minimizza, diviene pura immagine, ologramma di un fatto di cronaca nera del quale rischiamo di dimenticare l'entità effettiva.
Non è un fenomeno "facebookiano", non è un prodotto di consumo, è un fatto accaduto e mi rammarico di dover riconoscere come questa stessa incuria sia osservata per tantissime altre argomentazioni più o meno importanti. 
La gente si illude che scrivendo un particolare stato su Facebook o condividendo un link creato per una qualsivoglia causa, avvenga l'automatica passata di mano sulla coscienza così da poter dire tutti in allegria e con moderata soddisfazione: "Anche io ho contribuito!".
Ora non voglio fare dell'anticonformismo inutile e fine a se stesso, anche io avrò fatto delle cose simili sicuramente, mi sarà capitato, anche se al momento non ricordo alcun caso particolare, ma penso che sia importante rendersi conto del fatto che la virtualità è un veicolo di trasmissione di informazioni, ma non è veicolo di azioni [a parte petizioni online e robe del genere che comunque lasciano il tempo che trovano poiché, in ogni caso, non sono atti concreti per fermare o favorire questa o quella mozione, sono solo firme virtuali che non costano né sudore né fatica.].
Anche questo, purtroppo dobbiamo rendercene conto, fa parte dell'alienazione di massa e distacco dal reale che stiamo vivendo e se pensiamo che sono già tante le persone che presenziano a cortei e manifestazioni di qualsiasi colore politico solo per fare numero e massa, figuriamoci quante ancora possono essere quelle che utilizzano la vetrina internettiana del momento per far figurare il proprio nome/faccia fra "coloro i quali hanno fatto qualcosa per una causa X"!
Dobbiamo riguardarci dall'errore di considerare questo come "impegno sociale", magari è una nuova forma, un contributo, una sensibilizzazione con base più estesa, ma non è e non sarà mai il reale, né sarà mai la soluzione. L'azione, anche all'epoca di Internet, rimane sempre la più importante ed efficace delle scelte.

venerdì 15 ottobre 2010

Suggerimenti Astrali

Direttamente da: Oroscopo Rob Brezsny-Internazionale.

Sagittario - 15/21 ottobre 2010
22 novembre – 21 dicembre
Per assegnarti il compito di questa settimana, ho preso in prestito qualche idea dalla lista di suggerimenti che il poeta del Sagittario Kenneth Patchen dà nel libro The journal of Albion moonlight. Sei libero di improvvisare, ma cerca di realizzarne almeno tre:

1) soffoca ogni residuo di vergogna;
2) non sopportare nessuna croce; 
3) allarga tutti i confini;
4) arrossisci sempre di stupita innocenza;
5) scava nel tuo subconscio;
6) passa da un mondo all’altro con spensierata devozione; 
7) espelli il primitivo;
8) crea un cervello libero; 
9) non rinunciare a nessuna oscenità succulenta;
10) verifica l’irrazionale; 
11) conquistati una reputazione sublime;
12) crea almeno un mostro;
13) moltiplica tutte le opinioni;
14) appartieni a tutti.

Credo siano le parole più belle ed adatte a me che io abbia mai letto. Adesso, non fissiamoci sull'idea dell'oroscopo in sé e per sé, ma queste parole mi hanno colpita in maniera profonda perché descrivono proprio quello di cui sto tentando di discutere con me stessa e con gli altri in questo periodo.
Ho sempre considerato il confronto come una base fondamentale per la crescita e riuscire ad ottenerlo tramite il dialogo con diverse persone, nuove conoscenze o datate che siano, credo mi possa aiutare per la ridefinizione di me stessa, dei miei limiti, del mio relazionarmi con un mondo che, come dicevo qualche post prima, trovo molto diverso da quello che conoscevo. In queste parole vi è insito l'obbiettivo primario della mia esistenza al momento: vivere, con tutti i rischi del caso.
Ho bisogno di afferrare tutto con le mie mani, di toccarlo ed essere pronta a trovarvi un letto di petali o di spine. So che non potrei essere altrimenti. E riguardo molti suggerimenti, direi di essere già a buon punto sulla tabella di marcia. :)

mercoledì 13 ottobre 2010

Kris Kuksi

Artista dalla delicatezza immensa nelle rifiniture e dalla spietata ferocia delle rappresentazioni. Ogni guglia, ogni pinnacolo è un ago che trafigge la pelle, un preludio d'incubo che sta per farsi realtà. Un genio del Contemporaneo.

Kris Kuksi©
Nei suoi lavori vengono spesso rivisitate opere del glorioso passato dell'Arte di tutti i tempi, vengono rovesciate di senso, ne viene deturpata la bellezza, è una denuncia. Una denuncia contro la bestemmia dell'uomo nei confronti del mondo, della bellezza, della storia, della purezza e quindi dell'Arte stessa. 

Kris Kuksi©
Eroi costretti ad una guerra nucleare, dai corpi cosparsi di sangue. Niente più spade e pugnali, ma fucili,e bombe. Niente più corpi semi-divini immersi in un'aura di olimpica perfezione, ma esseri mutilati e rabbiosi rinchiusi in distopiche isole-mondo.

Kris Kuksi©

Kuksi rappresenta un mondo in cui brutalità primordiale e tecnologica si fondono l'una con l'altra. Gli antichi Dei divengono messaggeri di morte e lotta fratricida. È Apocalisse.
Per questo e molto altro recarsi su: Kris Kuksi WebSite.
Alexis
13.10.2010 

lunedì 11 ottobre 2010

Sperimentando la Delicatezza

È difficile guarire dalla malattia della delicatezza.
Una volta sperimentata, una volta compresa la realtà della sua esistenza, è assolutamente impossibile dimenticarsene o non desiderarla ancora. Soprattutto per le anime che non l'hanno mai incontrata.
E basta un gesto, un gesto semplice e probabilmente privo di senso effettivo per scatenare il desiderio di una seconda volta.
Quando ci si sente trattati come un fiore che viene accarezzato e non colto, immediatamente nel cuore nasce la consapevolezza di un'ulteriore necessità che diventa vitale ed indispensabile, perché era ciò che si desiderava da un vita, in fondo.
Come si può, adesso, tornare indietro e accontentarsi? Come si può evitare di ricercare qualcosa di meraviglioso di cui si è fatta esperienza ma che pur rimane così rara da trovare?
E per scatenare tutto questo, per giungere al punto di non ritorno, non è bastato che un cenno mosso da una natura intrinseca, disinteressata, a suo modo splendidamente pura.

Alexis
11.10.2010

Condivisioni Musicali

sabato 9 ottobre 2010

La società delle contingenze

Ultimamente mi sono trovata a riflettere su diverse questioni che hanno tutte un po' a che vedere con la stessa cosa, ovvero le reazioni umane alle esperienze accumulate e vissute.
Più mi guardo attorno, più noto come certe parentesi del vissuto rimangano impresse indelebilmente sulle anime e negli atteggiamenti delle persone, come se si costruissero delle sovrastrutture che si attaccano come metastasi allo scheletro rendendolo pesante e goffo nei movimenti, non più leggero e fluido come un tempo. Si è spesso coscienti della "falsità" di queste strutture, della necessità di scrostarle e lavarle via, eppure molto spesso ci si arrende semplicemente alla loro esistenza, senza un reale tentativo di pulitura. Ciò, infatti, comporterebbe un'analisi approfondita sul proprio essere[cosa che risulta parecchio ardua e difficile da attuare ed accettare] che puntualmente viene evitata dagli spiriti più deboli. E si cade in contraddizione, verso gli altri e verso se stessi.
Mi rendo conto di come molti, in un modo o nell'altro, lottino per la riconquista del proprio sé originario e di come si fatichi nel raggiungimento dello scopo, perché è come se, con la maturità, si fosse persa una parte essenziale del proprio essere, che in fondo non è altro che la genuinità. Il rapporto con gli altri si complica, entra in gioco la malizia, l'interesse, il dubbio, la mancanza di fiducia e l'ipocrisia e ci si accorge che sono pochi i legami creati su basi solide perché, fondamentalmente, disinteressate.
Dovremmo essere rieducati alla spontaneità, al pensare che l'altro può essere un amico.
Altre contraddizioni che colgo, invece, si trovano nei rapporti amorosi, se così li si possono definire, dove ormai pare non vigere più alcuna regola, prima fra tutti la coerenza e la correttezza. Vedo solo spiriti molli attorno a me che si abbandonano a trame di relazioni ambigue e prive di senso solo per il raggiungimento di una qualche forma di accettazione e stima da parte degli altri o per la semplice volontà di crogiolarsi in situazioni comode e poco impegnative.
Io continuo a chiedermi il perché di questo.
Malsopporto questo debolezza, questa poca forza di spirito[forza che ho sempre considerato fondamentale nei rapporti con gli altri] e che non è, attenzione, l'abbandonarsi ai sentimenti, poiché quella la considero la forza suprema dell'essere umano, ma l'abbandonarsi alle contingenze, al caso, a ciò che la vita da senza tener conto di ciò che si può prendere e conquistare con le proprie mani, anche a costo di impiegarci mesi ed anni.
Manca il coraggio, manca la volontà di mettersi in gioco in favore di un'esistenza piatta e priva di colpi di scena... ma tutto questo, signori miei, non fa per me.

Alexis
09.10.2010

venerdì 1 ottobre 2010

[In penombra]

«V'è forse, in noi Orientali, un'inclinazione ad accettare i limiti, e le circostanze, della vita. Ci rassegniamo all'ombra, così com'è, e senza repulsione. La luce è fievole? Lasciamo che le tenebre ci inghiottano, e scopriamo loro una beltà. Al contrario, l'Occidentale crede nel progresso, e vuol mutare di stato. È passato dalla candela al petrolio, dal petrolio al gas, dal gas all'elettricità, inseguendo una chiarità che snidasse sin l'ultima parcella d'ombra.»

Junichiro Tanizaki
«Libro d'ombra»


Per il mio sentire, questo testo è stato veramente una rivelazione e non nel senso delle notizie sconosciute che mi ha fornito, in quanto conoscevo già questo gusto tutto orientale della penombra e delle luci soffuse[sebbene mi abbia arricchita di curiosità e nozioni su usi costumi e sul teatro tradizionale giapponese], ma mi ha resa ancora più cosciente della mia affinità con il "mondo fluttuante". Come se certi rimandi facessero parte di me in modo innato, io li attuassi quotidianamente con naturalezza fino, poi ,ad identificarli come appartententi a qualcosa di apparentemente lontano da me.
Il gusto per la penombra è un gusto antico che ha pervaso anche le culture occidentali e medio-orientali più sapienti e culturalmente radiose, quali quella greca o quella egizia[ mi vengono in mente i templi illuminati dalle sole torce] e credo che, in fondo, la penombra renda il senso di sacralità dei luoghi, non svela del tutto, non permette di vedere chiaramente, è come una fede. Fidarsi della penombra è affidarsi a quel qualcosa di mistico e divino che percepiamo, talvolta rifiutiamo o troppo spesso accettiamo come certo, mentre rimane, finché siamo umani, soltanto un lieve barlume di luce che filtra sul nostro spirito, a prescindere dal tipo di fede cui ci accostiamo.
L'Occidente illuminista ed illuminato distrugge il misticismo dell'ombra, l'Oriente lo preseva e tutela come bestia rara in estinzione ed in questo testo, in questo fantastico piccolo testo, Tanizaki sottolinea l'importanza del conservare l'ombra per tutto ciò che per gli orientali, ma anche per l'uomo di tutti i tempi e Paesi, significa.
In fondo, Oriente e Occidente, non sono due mondi opposti, sono due modi diversi d'intendere l'esistenza ed esattamente come luce e ombra più che contrapporsi dovrebbero cercare di incontrarsi per imparare reciprocamente qualcosa che si è perso nel tempo[l'ombra] o che si è guadagnato[luce].
Viviamo in un mondo più bello e più ricco di ciò che crediamo, ma non è facile rendersene conto.

Alexis
30.09/01.10.2010

martedì 28 settembre 2010

Seguendo un nuovo corso

È come se il mio corpo seguisse un corso diverso da quello comunemente accettato dai calendari.
Il mio anno non comincia l'1 Gennaio, ma a Settembre, verso la metà del mese, quando ormai stanca della calura estiva, comincio a raccogliere le provviste per l'inverno e medito sui mesi trascorsi e le azioni compiute.
In effetti credo sia un po' per tutti così. È a settembre che riprendono le attività dei mesi freddi, il lavoro si regolarizza, partono i corsi scolastici e si rincorrono le date degli esami, si fa un po' il resoconto dell'estate e, carichi o spossati, si riparte sempre e comunque per un nuovo ciclo.
Ultimamente ho avuto la fortuna di vivere ogni stagione nella sua pienezza, mi è capitato di avvertirne le suggestioni o addirittura di sentirle dentro me ancor prima che sbocciassero nel mondo esterno, ma questa connessione al naturale è stata spesso intaccata da una premura interiore.
È stato un anno intenso, un anno di corsa, un anno di dinamismo e di caos in netta contrapposizione al lungo periodo di stasi precedente, i fili delle mie decisioni si sono intrecciati e hanno creato un nodo che sto cercando adesso di districare, approfittando della calma autunnale e dell'autocontrollo forzato. Ho scalpitato, ho desiderato, ho vissuto fino al tragico le mie emozioni, le ho caricate di enfasi e di pathos, ma era ciò di cui necessitavo. Avevo bisogno[e ne ho ancora] di assaporare ogni istante della vita che mi passa accanto, non voglio lasciare gli eventi al caso, ogni occasione va sfruttata e spremuta fino all'ultima goccia... sono avida di vita, sì, devo ammetterlo. E avida d'amore, d'affetto, di espansione, di dono.
Il mio essere fiamma produce diverse ustioni che non chiamo ferite, ma esperienza, crescita, percorso personale. Senza volerlo ho fatto del Carpe Diem il cardine delle mie giornate, anche se, come mi disse un mio caro amico, "La tua azione istintiva è comunque frutto di un ragionamento precedente" e ciò vuol dire che io colgo l'attimo soltanto quando l'attimo richiede di essere colto. Né un minuto prima, né un minuto dopo. Tutto deve seguire un corso proprio regolato da tempi precisi ed io sto imparando a rispettare questi tempi, a percepirli ed assecondarli. Non è una cosa semplice, ci vuole pazienza e capacità/volontà d'ascolto, ma il tempo scivola e fluisce indifferentemente e sta solamente a noi saper cogliere le pause, le battute d'arresto che ci mettono in connessione con gli altri e con noi stessi.
Io, il mio corso, il mio anno, sto imparando a ri-conoscerlo. Si è svelato da solo e mi ha mostrato il suo essere ciclico e clinico. Io l'ho osservato ed ascoltato e non posso far altro, adesso, che innalzare una preghiera e sperare che anche quest'anno gli Dei non mi abbandonino.

Lanterne Orientali
Foto reperita sul web - Tutti i diritti riservati all'autore©

Alexis
28.09.2010

lunedì 27 settembre 2010

Sulla Bellezza

La Bellezza è quel qualcosa che va oltre l'armonia delle linee e delle forme. È ciò che dona viva emozione al cuore, ciò che parla all'anima senza muovere parola.

 * * *

Siamo abituati a considerare il Bello come qualcosa di mortalmente statico, immobile, asettico. Figli, come siamo, di un presunto classicismo, in realtà non abbiamo affatto compreso la tensione dell'armonia aurea propria del mondo antico, greco nello specifico.
Per secoli non abbiamo fatto altro che crogiolarci fra le ceneri di un'idea che non è stata essenza reale e concreta, ma sempre obbiettivo, scopo anelato e mai raggiunto. Un passato mitico, come l'epoca in cui fu presente e, come tale, immerso fra i flutti fusi insieme della realtà e del sogno.
La civiltà greca era tutt'altro che una civiltà statica, era animata dal mito, dalla presenza divina in ogni azione quotidiana e gli stessi Dei obbedivano e cedevano alle leggi delle passioni carnali e spirituali. Dietro la fissità degli sguardi scolpiti v'era e v'è, in realtà, la potenza di una divinità che impera sull'animo umano, lo soggioga e lo rende suddito. Una Nike non può essere figura fissa, immobile, essa vibra nell'aria, la scuote con decisa fermezza e, seppur mutilata, mostra la sua forza, la sua carica dinamica a chi la osserva, e un futurista come Boccioni probabilmente mostra di aver compreso l'arte classica più del neoclassico Canova¹, in cui comunque non possiamo dire di essere completamente esenti dall'emozione, poiché ritrarre un'emozione, un sentimento, un attimo prima della sua esplosione non significa abolirlo, esaurirlo, eliminarlo, bensì è coglierlo nel suo momento di massima tensione, in cui è forse più potente dell'azione compiuta e finita, risolta in un gesto. Ma che Winckelmann avesse sbagliato nel valutare l'arte classica, è storia ormai nota.
Ciò che voglio dire, con questo, è che umanamente desideriamo qualcosa che non ci appartiene e idealizziamo in maniera errata una caratteristica che è propria dell'estatto opposto della perfezione. Quest'ultima è soltanto una categoria estetica che dimentica il grande valore insito nella Bellezza: l'emozione. E finché non avremo compreso questo, non ci rimarrà altro da fare che inseguire simulacri vuoti d'ogni significato e reale partecipazione, costruendo un debole ego su fragili specchi di cristallo.

Alexis
27.09.2010

¹:[dalla descrizione della scultura della dea Ebe]«Con ciò l'artista voleva ribadire la sua aderenza agli esempi della statuaria classica sia con il suo desiderio di voler esprimere solamente il bello ideale sia con l'eliminazione delle passioni o dei sentimenti forti». Cricco-Di Teodoro, Itinerario nell'arte, Volume III, pg. 548.

martedì 21 settembre 2010

L'Alce di Mudjekewis

In fondo sono un essere che non sa bene come vivere, non sa bene identificarsi, né trovare il suo giusto spazio nel mondo, e non per una sorta di inettitudine esistenziale, non per una svogliatezza del e nel vivere, ma semplicemente perché il Tutto, il Mondo sono la mia casa.
Non esiste luogo che non mi abiti, che non mi appartenga, che non senta come parte integrante del mio essere, come se conservassi tutto nella coppa che formano le mani congiunte, come se lo osservassi da un punto di vista noto soltanto a me e desiderassi respirare su questo mondo per arricchirmi e per riscaldarlo al contempo, godendo di una reciproca affinità.
Sono un essere autunnale, dalle tinte calde, accoglienti, ancora arse dal sole dell'estate, bagnate dalle prime piogge e pronte per il sonno invernale. Sono un essere di passaggio, una mezza-stagione, un qualcosa di indefinito, un ponte che congiunge differenti estremità. La mia natura fatica a dirsi una ed unica e non lascerò mai che nulla ne deturpi la libertà d'essere anche ciò che apparentemente non è o sembra non poter essere.
Ho tentato ancora una volta di descrivermi, contraddicendomi a più riprese forse, ma come ogni singolo individuo, sono un mistero che va svelato piano, con la pazienza e caparbietà di un esploratore attento, di un sognatore simile a  me.

Alexis
21.09.2010

sabato 11 settembre 2010

Su Chris Peters

È incredibile come l'Amore riesca a mantenere la sua poesia anche in soggetti che potrebbero essere definiti "macabri".
A quest'opera di Chris Peters non manca nulla. Mancheranno forse gli occhi, la pelle, abiti che magari aggiungerebbero colore e decori al dipinto, ma toglierebbero spazio all'essenziale. E l'essenziale è il sentimento, anzi l'insieme dei sentimenti di cui essa narra.
L'affetto, la protezione, la cura dell'altro e la relativa angoscia per un futuro incerto non hanno bisogno di ghirigori aggiuntivi per essere espressi, non hanno bisogno di avere, di assumere delle apparenze... sì, perché solo di apparenze si tratterebbe.
Attraverso la rappresentazione dello scheletro umano si universalizza il messaggio ed il significato ultimo della rappresentazione. Tutti possono identificarvisi senza alcun ostacolo, proprio perché lo scheletro non ha occhi, non ha corporatura, non ha tratti somatici, non ha colore né capelli... è una sorta di anima materiale.
Mi ricorda un'opera simile di Beksinski, in cui sono due figure scheletriche e parzialmente muscolari ad abbracciarsi oppure quella coppia di scheletri primitivi rannicchiati insieme ritrovati non molto tempo fa... ed è proprio in quei due scheletri aggrappati l'uno all'altro da secoli che si ritrova, forse, la vera essenza dell'immortalità e la sua sublime bellezza, il perdurare di qualcosa di impalpabile che si materializza e si solidifica, divenendo eterno, immortale anche dopo il decesso effettivo. Un sentimento che pur prendendo forma riesce a sfondare le barriere e limiti di quest'ultima, superandola.
In fondo, se ci si sofferma su a pensare, di noi non rimane altro che il ricordo di ciò che abbiamo lasciato e fatto, la nostra essenza che si trasmette agli altri. Il corpo si smaterializza e si distrugge, sfuma i suoi contorni nel ricordo, che trasfigura le sagome, ma l'essenza, quella, rimane.
Per questo trovo l'opera di Peters totale nella sua rappresentazione, per tutto ciò che significa e che non si esaurisce solamente nelle mie parole o nel senso che io le ho dato.

Alexis
04.05.2010
Chris Peters, To Hold You Again, 2007
E chissà cosa porterà il domani
a questi cuori infranti
a queste ossa rotte
che avvilite si sfiorano
cercando il brivido di un ultimo respiro.

Alexis
04.05.2010
***

sabato 4 settembre 2010

Hydra

Vorrei espandere le mie braccia, moltiplicarle, come fossero innumerevoli teste di Hydra.
Perdermi con le estremità di ogni fibra dentro il gioco sensuale dell'infinito, provare il brivido della fusione con la vita permanendo creatura dotata di forma finita.
Ditemi, come è possibile mutare la densità della superficie, rendere liquida l'epidermide per connetterla alla gassosa e lucente consistenza dell'anima? E perché, nella mia eterna visione di ascesi, vedo il mio corpo orribilmente deforme congiungersi al più profondo nero?
Esso rappresenta forse un Nirvana, un nulla dal quale proveniamo e al quale, prima o poi, ritorneremo? O è forse il collasso delle molteplici suggestioni della vita, il peso che la nostra forma umana ci costringe a portare dentro, magma imprigionato da un involucro troppo piccolo? Sarà per questo che il mio corpo appare così mostruoso, vene e capillari esplodono, lasciando spazio solo al pianto?
Necessito di dare forma a ciò che ho dentro e solo di rado ho occasione di vedere chiaramente il volto delle mie più intime emozioni.
Noi umani siamo così, ci troviamo nelle medesime condizioni di quella creatura abnorme oppressa dall'infinità dei suoi arti, con i quali non toccherà mai nulla, non raggiungerà mai alcuna meta, ingorda di conoscenza mai sfamata. Diverremo sempre più invadenti, ingombranti, onnipresenti, proveremo continue estasi carnali ad ogni lombo in espansione, ma il nero alle nostre spalle continuerà ad opprimerci e a rammentarci che, in fondo, questo è tutto inutile.
Siamo già esseri infiniti, anima e corpo, in realtà, sono già saldamente congiunti nel divino sodalizio dell'eternità. E noi, costantemente, ignoriamo questa realtà.

Alexis
1.09.2010

giovedì 2 settembre 2010

The Jolene's Wonder ≈ by Alexis

Dedicato ad una mia carissima amica. La ringrazio perché mi ha dato la possibilità di creare, forse, la mia prima "opera". È un disegno come tutti gli altri, ma sento di aver dato qualcosa in più questa volta. La rappresentazione di lei in questa forma visionaria contiene in sé una matrice di infinito ed indefinito. Sono forme, forme interpretabili come si vuole, forme che non necessariamente hanno un significato preciso, forme che nascono da suggestioni.
Può piacere come no, ha mille imprecisioni, ma sento di aver prodotto qualcosa che mi apre una nuova strada al miglioramento e, umilmente, ve la espongo.
Alexis, The Jolene's Wonder,
tecnica mista su carta, 2010.
Spiegazione trovata in seguito ad una disquisizione:
«In realtà io avevo concepito il disegno cercando di descrivere una sola persona e tutte le suggestioni ed impressioni che suscitava nel mio animo, quindi la seconda ampolla, quella a forma di goccia, rappresenterebbe un po' la sua anima, il suo mondo interiore che è costantemente mediato e filtrato dall'occhio che osserva e studia tutto molto attentamente. È un universo dominato da luce, ghirigori e forme indefinite spesso soffocate dal "nero" che è il colore con cui ella appare "in società", che però non è sinonimo solo di apparenza, ma diviene culla e rifugio delle fragilità interiori!
Io la vedo così, lei.»

lunedì 30 agosto 2010

Sulle parole e sui mondi che le abitano

Adoro il termine "temperamento". Possiede qualcosa di più profondo del semplice "carattere" e di meno istintivo di "indole".
Pensavo a come ogni parola sia accompagnata da suo proprio e specifico bagaglio immaginario... i sinonimi, pur avendo "scientificamente" lo stesso significato, differiscono per sfumature spesso legate alle impressioni che esse rilasciano dentro l'anima.
"Carattere" è una parola, a mio avviso, di una certa freddezza. Indica un insieme di caratteristiche senza colorarle di alcun particolare senso."Indole", invece, mi da il senso del primitivo, dell'animalesco, qualcosa di istintuale. Se dovessi dargli colore utilizzerei la scala tonale dei rossi e arancioni, contro il grigio asettico del "carattere".
"Temperamento", invece, è blu. Ha a che fare con la matrice primigenia dell'indole, ma non con la canonicità statica del carattere. È colorato dell'animo umano, per questo ha una sfumatura più profonda, ma pur sempre potente.

sabato 28 agosto 2010

La logica del branco

Perché poi, in fondo, tutti necessitano di appartenere ad un branco.
E più grande è il branco e maggiore sarà la dispersione delle personalità e l'inconsistenza di queste ultime.
Non si tratta di paragonarsi ai lupi o ai leoni, lì almeno ci sono delle gerarchie ben definite, chiunque faccia parte di uno di quei branchi è assoggettato a leggi che conosce benissimo e alle quali, per natura, si sottopone.
Ma tra gli uomini non è così. Fra gli umani appartenere ad un branco significa farsi scudo con l'apparente forza degli altri, senza comprendere, infine, che siamo tutti vittime delle medesime fragilità e non facendo altro che accrescerle nel maldestro tentativo di nasconderle agli occhi degli altri.
Ma è comunque un istinto sociale connaturato alla matrice umana e nonostante si millanti continuamente la misantropia, spesso si ha un eccessivo bisogno di ricevere conferme dalle adulazioni altrui. E questo è palese all'occhio di chi osserva attentamente.

Alexis
28.08.2010
[Riflessioni maturate nel corso degli ultimi anni]

mercoledì 25 agosto 2010

Partendo da un "La".

È bello riscoprire le potenzialità della musica italiana.
Solitamente si tende a snobbare gli artisti nostrani in favore di una semplicistica e superficiale esterofilia. Ma se si scavasse e nemmeno troppo a fondo, sarebbe possibile scovare delle cose davvero interessanti.
La più grande fortuna degli italiani è, prima di tutto, la lingua. La sua musicalità e molteplicità d'espressione le conferiscono già un posto d'onore per la composizione musicale. L'inglese è la lingua più facilmente adattabile, questo è lapalissiano, ma l'italiano mantiene in sé quella melodia, quella delicatezza che non vengono intaccate minimamente, anzi, risultano addirittura accresciute di senso e valore negli stati di più profonda disperazione e dissidio o, addirittura, si caricano di sporgenze futuristiche quando il lessico viene utilizzato in modo più o meno particolare, come insegnano Franco Battiato o i Bluvertigo, ad esempio. Insomma, ha potenzialità infinite che anche nelle composizioni più semplici possono essere sfruttate.
Personalmente sto esplorando il repertorio di artisti come Neffa, i grandissimi Litfiba, Mario Venuti, gli stessi Bluvertigo, scoprendo brani di altissimo valore che non hanno nulla da invidiare ad artisti stranieri, i quali spesso si rifugiano in un pop di bassa lega divenendo semplicemente dei prodotti di consumo discografico, più che degli artisti nel vero senso della parola.
Certo, questo fenomeno non è estraneo nemmeno agli italiani, che spesso cadono nel fosso della nullità proprio per la troppa voglia di somigliare/emulare il personaggio del momento.
L'estero si avvale di grandi voci, ma forse di pochi testi degni di essere considerati tali a causa della scontatezza che li attraversa. Ovviamente mi riferisco ai generi definiti "di massa", perché ascolto anche tanta, tantissima musica straniera.
Il metal è dominato dagli stranieri [lì, ad essere scontati, siamo noi italiani], i generi d'avanguardia sono dominati dagli stranieri ed è in queste espressioni musicali che raggiungo livelli sublimi di composizione. Vedi il fenomeno Tool, un fenomeno che forse in Italia non avrebbe mai potuto vedere la luce. 
Ecco, trovato il neo italiano, oltre all'esterofilia: la paura di osare. Rimaniamo sempre un po' confinati nei nostri schemi melodici, la musica di massa, ma anche quella di nicchia, tendono sempre a somigliarsi o a mantenere un certo rigore di regole e stilemi. È difficile che si incorra in qualcosa di veramente innovativo. Esistono questi fuochi, ma dopo un po' finiscono per divenire tiepidi e per riscaldare più che bruciare gli animi come dovrebbero.
Dovremmo avere un po' più di coraggio ed evitare di finire per mescolarci alla marmaglia comune. Ma questo, purtroppo, è un problema che sta attraversando tutta la musica.
Dopo un po' pare vengano a mancare le idee, l'ispirazione, si entra nel businness musicale e si dimentica il movente iniziale, la voglia di fare musica che animava i giovani spiriti. Poi c'è chi, crescendo, si fissa di voler diventare politicamente e socialmente impegnato e riempie i suoi testi di parole e paroloni vuoti di senso e fini e se stessi. Si deve recuperare un po' di genuinità e cercare di essere veri, perché la musica lavora con le emozioni e sarebbe un delitto falsarle con il rischio di vendere "amori di plastica*" a chi necessita di coltivare sogni.

Alexis
25.08.2010

*Citazione liberamente tratta da Carmen Consoli.

lunedì 23 agosto 2010

Pensieri sparsi...

Credo di stare incominciando soltanto adesso a scavare nel mio universo interiore in maniera più profonda, cercando di fare uscire le forme ed i colori che mi abitano. Non è cosa semplice, soprattutto perché non ho tutto il tempo che vorrei per poterlo fare, dato che sono ancora all'Università ed ho impegni e scadenze da rispettare. Ma non demordo.
Mi è stato fatto notare dalla mia più grande critica e sostenitrice[mia madre] che, forse, non frequentare un'accademia d'Arte mi aiuta ad avvicinarmi in maniera più genuina alla mia Arte, ai Miei colori e al modo di utilizzarli. Sono convinta che la tecnica sia molto importante per poter raggiungere determinati livelli... ma se ce la facessi anche senza il bisogno di un'istruzione ad hoc? Ho fiducia nelle mie capacità, so che posso fare molto di più però. E finché non raggiungerò il mio massimo non sarò mai soddisfatta né mai mi fermerò.

sabato 21 agosto 2010

Pensieri su un'opera di Henri de Tolouse-Lautrec

Una delle opere più tenere che io abbia mai visto.
Sarà perché le due figure ricordano quelle di due ragazzini, sarà perché le lenzuola [che sembrano emanare un profumo delicato e soave, come di pulito] avvolgono i loro giovani corpi e paiono volerli proteggere in un tenero e materno abbraccio, ma traspare una dolcezza, una purezza, da questo bacio che sembra quasi strano poter godere per un attimo di questo respiro luminoso in un'epoca in cui gli spiriti sono già in fermento, in viaggio verso un futuro incerto, una sessualità incerta e sofferta, una psiche incerta che comincia a destabilizzarsi, scoprirsi, confondersi.
Qui, ancora, abbiamo il privilegio di respirare un amore puro, tenue, innocente, sincero, non ancora macchiato dal profumo della morte e della malattia che avrebbe poi deturpato le carni ed i volti.
È un sogno d'amore che ha ancora il diritto di sciogliersi nella tiepida luce del sole del mattino.

Henri de Toulouse-Lautrec, In Bed: The Kiss (1892)

Alexis
11.07.2010

lunedì 16 agosto 2010

Autodedica

Chiudi gli occhi e riposa // Non pensare a domani // Lascia il peso del mondo fuori, ora. // Si può già sentire il silenzio che sale // Nella notte con la luna nuova.

E non tutto è perso ancora
E possiamo farlo ora
E vedremo un'altra realtà

Se la voglia di andare // Ti ha portato lontano // E la strada di casa non si trova // Puoi scoprire il richiamo // Della voce che era // E che non c'è una sola strada buona.

E non tutto è perso ancora
E possiamo farlo ora
E vedremo un'altra realtà

Chiudi gli occhi e riposa // Non pensare a domani // Lascia il peso del mondo fuori, ora. //Si può già sentire il silenzio che sale // Nella notte con la luna nuova.

Nella notte con la luna nuova.


Perché, a volte, si sente proprio il bisogno di sentirsi dire certe cose... e la musica, questo, può farlo.

Renaissance

Dopo questo Ferragosto, devo dire di sentirmi in parte rigenerata.
Una serata semplice, fra amici vecchi e piacevolissima gente conosciuta in loco. Una serata passata pensando al nulla, in totale tranquillità e pace dei sensi, con tanto spazio per sé e altrettanto spazio/tempo da dividere con gli altri. Così, semplicemente, fra una risata e l'altra, un discorso ed un altro, un calcio al pallone ed una racchettata al ping pong. 
Talvolta si ha bisogno proprio di queste cose per staccare la spina da pensieri che si fanno troppo pesanti se vissuti in solitudine, è un modo come un altro per riappropriarsi della realtà, ridefinirne i limiti e lasciarsi andare alla spensieratezza.
Non so cosa cerco, non so cosa troverò, ma dovrei smettere di chiedermelo per lasciare spazio alla vita che scorre da sé, sempre e comunque. Per natura mi è impossibile farlo, però. E continuerò a domandare, a chiedere, a crucciarmi... finché, al tanto desiderato punto, troverò le risposte che cerco.

Opera di ©Jia Lu. Tutti i diritti riservati.

sabato 14 agosto 2010

Da un articolo di Informare per Resistere

Notizia da cui parte questa riflessione: Click!

Io non conosco la storia della Fiat, ergo non mi permetto di mettere bocca su questo argomento, però sulla delocalizzazione un parere lo posso esprimere.
È il trionfo della mentalità capitalista nel senso più negativo del termine, in quanto il capitalismo potrebbe non essere un fenomeno negativo, bensì un'ulteriore strategia economica di gestione delle risorse come tante altre, ma è quando questa strada incontra e si scontra con problematiche sociali che la situazione diventa pericolosa. Come in questo caso.
Aprire stabilimenti in Serbia è conveniente per gli imprenditori ed i gestori delle multinazionali, non arreca ad essi danno economico, anzi ne traggono profitto, ma diventa un puro slancio egoistico nei confronti di quel Paese a cui dovrebbero essere rivolti gli introiti, nei confronti dei cittadini di quel Paese. E purtroppo questa prostituzione economica non è un problema che ha a che fare solo con la Fiat, è ormai usanza e pratica comune a tutti i paesi più o meno sviluppati.
La mentalità che vi sta dietro è orribile ed alienante perché, per un ritorno economico, si calpesta la dignità del lavoratore: quello italiano perché privato immotivatamente ed ingiustamente del lavoro e quello straniero perché, letteralmente, preso per i fondelli e sottopagato come se non avesse minimamente diritto ad uno stipendio degno.
L'attenzione dovrebbe essere puntata su questo, credo.
Spesso non si fa altro che ribattere teorie alienanti con obiezioni altrettanto alienanti o animate da una filantropia di plastica.
Cosa è che di concreto si fa per l'uomo? Credo praticamente nulla.
Esso è l'ultima ruota del carro insieme a tutti gli altri esseri viventi e questo atteggiamento è equamente diffuso sia fra i detrattori che fra i sostenitori, con la sottile differenza che fra gli uni esiste una sorta di coerenza di interessi e una sorta di "sincerità"[termine da prendere con le pinze perché totalmente inappropriato], mentre fra gli altri è facile trovare degli sbandieratori di teorie affascinanti, ma che trovano poi un riscontro nullo nella realtà. Per questo diffido, personalmente, di entrambe le parti.
La bugia di un uomo di potere è una bugia nota, è pratica millenaria alla quale ci siamo abituati per pigrizia di combatterla, la bugia di un uomo che millanta la difesa dei diritti di questo o quello per poi rivelarsi anch'esso un uomo di potere mascherato da uomo comune, beh, la trovo molto più grave e disonesta nei confronti di chi, a quelle bugie, cerca in qualche modo di crederci.

E: Click #2! -> Mettiamo da parte, per una volta, le ragioni economico-politiche, benché queste siano l'orbita attorno alla quale girano le azioni dei "potenti" del mondo. Osserviamo il lato umano, il lato ambientale, puramente geografico e culturale. Nel Mondo, inteso come Terra, esiste molto, moltissimo altro.

Alexis
24.07.2010

Come sempre siete tutti invitati a dire la vostra.

mercoledì 11 agosto 2010

Elucubrazioni #1

In realtà, i pennelli conoscono già il sentiero da percorrere e tutto, in fondo, dipende dalla nostra predisposizione all'ascolto, alla concentrazione, alla percezione del fluire delle forme, delle sfumature.
È già tutto dentro di noi e, di volta in volta, non facciamo altro che scoprirlo.

Immagine reperita in rete.
Tutti i diritti riservati al proprietario©

Alexis
10.08.2010

Focus On

La cosa bella dell'avere/curare un blog è che la comunicazione che si crea con gli altri è sempre più profonda e "disinteressata" di quella che può venire a crearsi su facebook, il regno dell'istantaneo.
Vi è un interesse spassionato per ciò che si legge, lo scambio di informazioni, di nozioni, di pensieri... tutte cose che su facebook esistono comunque, ma delle quali vengono notevolmente limitate le potenzialità e non sempre per una qualche forma di atrofia cerebrale che investe le menti degli iscritti [variabile che in qualche caso, però, gioca la parte del leone] bensì perché esso si presenta come una vera e propria "vetrina delle identità" [fittizie o reali che siano] in cui ci si lascia distrarre da altri fattori, da inezie d'ogni tipo. Un gioco delle parti in cui determinati aspetti del nostro modo di essere vengono accentuati talvolta al punto da dimenticare cosa si sta facendo per se stessi e cosa si fa, invece, per gli altri.
I motivi, come già detto, possono essere i più stupidi: un interesse particolare verso qualcuno, la volontà di dare un' immagine di se stessi che risulti particolarmente "forte e ricca di contenuti" o il bisogno di soddisfare il proprio narcisismo sentendosi continuamente adulati per il proprio estro, la propria cultura e robe simili.
La cosa bella/brutta è che, di questo sistema, ne siamo tutti vittime. Consapevoli ed inconsapevoli.
La prova del nove è affidata, come sempre e per fortuna, al vecchio e caro sistema del dialogo e dell'interazione dal vivo, fase in cui i gesti e le espressioni, se ben osservati, riescono a smascherare chi si cela dietro un fantoccio... anche se si rischia comunque di incorrere in strategie comunicative e camuffamenti vari della personalità!
In realtà, il web si fa specchio della realtà e gli atteggiamenti e le cattive abitudini sociali non fanno altro che essere riproposti e reiterati a non finire con l'aggravante della smaterializzazione della persona a favore di un'immagine che si fa sempre più rarefatta, eterea ed inconsistente, addirittura falsificata in qualche caso.

Non prendete queste mie riflessioni come uno sputare su un qualcosa che utilizzo anche io.
Come qualsiasi altro mezzo di comunicazione, facebook ha anche i suoi lati positivi: ci si connette con il mondo, si ha la possibilità di conoscere cose che, altrimenti, sarebbero rimaste sconosciute [io per prima ho conosciuto tantissimi artisti grazie a questo diabolico mezzo] e lascia molto spazio alla libertà d'espressione;  il mio intervento si pone soltanto come un tentativo di ragionare, osservare con una lente d'ingrandimento i meccanismi che muovono questo sistema di comunicazione tanto diffuso. Senza particolari pregiudizi, solo per genuina curiosità e per un raffronto nato spontaneamente, dato che ho avuto e ho tuttora un blog che cerco di gestire al meglio e che penso di preferire a facebook, nonostante cerchi di mandare avanti anche questo spazio in maniera più o meno sensata.

Pablo Picasso, Donna allo specchio, 1932.


Alexis

martedì 10 agosto 2010

Va, pensiero, sulle ali del vento

Esistono talmente tante cose stupende al mondo che pensare di confinarsi entro un'unica realtà, un'unica città, un'unica vita... mi sembra quasi da folli.
Il mondo è fatto per essere scoperto, la diversità per essere assaporata.
Non è facile avere il coraggio di sfondare le barriere dell'abitudine, del "giaciglio sicuro", per lanciarsi nel fluire della vita, nella languida e perigliosa bellezza dell'esistenza, nutrirsi anche di ciò che appare più amaro o indigeribile, eppure ciò è indispensabile per certi spiriti che non sanno essere immobili.
Ed è strano sentirsi instabili ed inquieti nella quiete stabilità della vita ordinaria, quel senso di insoddisfazione, di voglia di altro, di sempre nuovo, che non può essere saziata solo da un libro, da un viaggio letterario o artistico o in qualche modo mentale, ma che necessita di divenire atto concreto, spostamento, esperienza.
Al giorno d'oggi la vita del viaggiatore è tanto più necessaria quanto sempre più difficile da attuare, ma ciò non toglie e non priva l'animo dell'errante di desiderarne sempre l'avvento.
Perché poi, in fondo, molto dipende dal singolo individuo, dalla volontà che dimostra nell'affermare i propri sogni e nel cercare di realizzarli. Se non ci si espone non si avranno mai dei risultati concreti e nulla ci viene regalato, anche quando sembra sia così.

[Questo post nasce da un gomitolo di pensieri sul futuro e di desideri che spero divengano realtà. Prendetelo per ciò che è, perché non pretende di essere altro.]

Immagine reperita in rete
Alexis
8.07.2010

domenica 8 agosto 2010

«La vita di ogni uomo è una via verso se stesso[...]»

«Molte volte avevo fantasticato sul mio futuro, avevo sognato ruoli che mi potevano essere destinati, poeta o profeta o pittore o qualcosa di simile. Niente di tutto ciò. Né io ero qui per fare il poeta, per predicare o dipingere, non ero qui per questo. Tutto ciò è secondario. La vera vocazione di ognuno è una sola, quella di conoscere se stessi. Uno può finire poeta o pazzo, profeta o delinquente, non è affar suo, e in fin dei conti è indifferente. Il problema è realizzare il suo proprio destino, non un destino qualunque, e viverlo tutto fino in fondo dentro di sé.»

Brano e citazione tratti dal Demian di Hermann Hesse.

Paul  Klee, Senecio, 1922.

Esistono certi autori e certi libri che sembrano tatuati sulla nostra pelle, radicati alla nostra essenza più profonda. Sembrano quasi rappresentazioni esterne di pensieri e tumulti che abitano da sempre la nostra anima. Noi viaggiamo costantemente alla ricerca di queste rappresentazioni, che chiamano instancabilmente i nostri nomi fino a quando non siamo disposti e pronti ad udirli. Ne veniamo attratti fatalmente, poiché abbiamo qualcosa di fondamentale da trarne. E diveniamo noi stessi ogni istante di più, ci sveliamo al mondo, ma prima di tutto ai nostri stessi occhi.
L'Arte è anche ausilio che permette all'uomo di procedere verso se stesso, sia nel senso della creazione che, appunto, nel senso della pura fruizione.
E dico questo perché, rileggendo passi di Hesse, io mi rivedo, rivedo la me di ieri e quella di oggi e aspetterò e vivrò ancora altri domani per potermi rivedere ancora.

sabato 7 agosto 2010

Velluto Blu, regia di D. Lynch, 1986

Capolavoro del 1986 firmato David Lynch, Velluto Blu si presenta come un film dalla trama non difficile da comprendere, ma nella quale sono già presenti tutte le principali caratteristiche della regia e dell'immaginario di Lynch.
La vicenda prende le mosse da uno strano ritrovamento da parte di un ragazzo di nome Jeffrey Beaumont: un orecchio umano mozzato che deciderà di denunciare immediatamente alla polizia.
Nonostante gli avvertimenti da parte del Commissario Williams di stare alla larga il più possibile dal caso, il ragazzo indagherà da sé alla ricerca di maggiori indizi che possano far luce sulla faccenda e, nella sua impresa, verrà aiutato dalla figlia del Commissario stesso, Sandy.
I ragazzi scorpiranno che la questione orbita attorno alla figura di Dorothy Vallens, una giovane cantante vittima delle intimidazioni e sevizie di un tale di nome Frank Booth, il delinquente di spicco del sottobosco malavitoso di Lumberton, la cittadina in cui la vicenda si svolge, il quale manifesta una sorta di attaccamento morboso nei confronti del velluto blu, legato indissolubilmente alla sua infanzia.
Jeffrey entrerà a contatto con questo mondo fatto di delinquenza e violenza, il quale sembra apparentemente contrastare con la sicurezza e serenità, sempre velatamente inquietante e fittizia, della cittadina in cui i protagonisti si muovono e dovrà fare anche i conti con quelli che sono i risvolti psicologici e i loro effetti sui personaggi. Perché, effettivamente, è proprio la psicologia dei personaggi ad essere la punta di diamante del film.
Ogni azione compiuta, ogni apparente "follia ingiustificata" è in realtà motivata da una fitta rete di traumi mai del tutto superati, prodotti, in particolar modo, dall'amibiguo ed esasperato approccio al sesso, sempre visto da Lynch come un qualcosa di ferino, violentemente primordiale. Poi l'attenzione per il buio, per le zone d'ombra, passaggi temporali e dimensionali al contempo e la metafora portante del pettirosso sull'insetto, quasi a voler dare una nota positiva e di speranza al film.
Un film da vedere insomma, non di certo per la trama in sé, ma proprio per questo gioco di rimandi e psicosi che rendono il thriller assolutamente interessante.

Locandina reperita in rete

Alexis
07.08.2010